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Created December 29, 2021 09:24
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<title>Arte.it Notizie</title>
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<description>Tutte le notizie sul mondo dell'arte.</description>
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<copyright>© 2020 - 2021 - ARTE.it</copyright>
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<webMaster>[email protected](Redazione Arte.it)</webMaster>
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<title>Riapre Palazzo Bonaparte: un anno di mostre, da Bill Viola a Van Gogh</title>
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<description><![CDATA[<div><img src="http://www.arte.it/foto/1280x800/7a/124799-11_Martyrs_WATER_04_39_04kpcc_4.jpg" /></div>Inaugurato nel 2019 con la grande mostra Impressionisti Segreti, lo storico Palazzo Bonaparte aveva aperto le sue porte al pubblico presentandosi come un polo artistico di prestigio nel cuore della capitale. Solo qualche mese dopo, le misure anti-pandemia mettevano in pausa la nuova vita dell’edificio affacciato su Piazza Venezia di proprietà di Generali, che in altri tempi fu la casa di Maria Letizia Ramolino, la madre di Napoleone. A due anni dalla chiusura, Palazzo Bonaparte torna in pista con un programma espositivo ricco di sorprese, spaziando dal contemporaneo alla pittura post-impressionista. Palazzo Bonaparte a Roma visto da Piazza Venezia | Courtesy Palazzo Bonaparte - Spazio Generali Valore Cultura e Gruppo ArthemisiaA dare il via al nuovo corso nel 2022 sarà il guru della video-arte Bill Viola con un progetto curato da Kira Perov, moglie dell’artista statunitense e visual artist a sua volta. Icons of Light - questo il titolo della mostra in calendario dal 5 marzo - presenterà dieci grandi installazioni scelte per rappresentare l’intera carriera di Viola, che da 40 anni sperimenta attraverso le tecnologie video un delicato dialogo tra opposti: vita e morte, Oriente e Occidente, passato e presente sono protagonisti di un continuo confronto, in un viaggio spirituale che corre sul filo del mezzo elettronico. Nei saloni che ospitarono Madame Mére vedremo opere iconiche come Ascension (2000) e Water Portraits (2015), circondati da un’atmosfera intima e ovattata che invita lo spettatore al più intimo contatto con l’arte. Jago - The Exhibition. Sphynx, marmo statuario. Foto di Francesco Bertola I Courtesy ArthemisiaIl legame tra antico e contemporaneo prosegue nel secondo appuntamento della stagione, che vede lo scultore contemporaneo Jago cimentarsi nientemeno che con l’eredità di Michelangelo. Dopo aver conquistato il pubblico dei social con video che ne documentano le creazioni passo dopo passo, a Palazzo Bonaparte l’artista trentaquattrenne presenterà per la prima volta il corpus completo del proprio lavoro: dallo scavo su grandi sassi raccolti sul greto di un torrente alle pendici delle Alpi Apuane, fino a recenti sculture monumentali come Pietà, passando per un'insolita Venere che ha perso la giovinezza, per il Figlio Velato, immagine di tragedie senza tempo, e per il discusso Habemus Hominem, dedicato al papa emerito Benedetto XVI. Vincent Van Gogh, Autoritratto, inverno 1886-87. Kröller-Müller Museum, OtterloE per finire, dal 10 ottobre una grande mostra su Vincent Van Gogh animerà l’autunno romano, come già annunciato da Arthemisia, che gestisce gli eventi di Palazzo Bonaparte fin dall'apertura. Palazzo Bonaparte, una sala del piano nobile I Courtesy ArthemisiaLeggi anche: • Da Tiziano a Guido Reni, tra paesaggi e tesori "nascosti": ecco il 2022 della Galleria Borghese]]></description>
<pubDate>Tue, 28 Dec 2021 21:35:27 +0100</pubDate>
<category>Arte</category>
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<title>La Grande Arte torna al cinema. Ecco gli appuntamenti della prossima stagione</title>
<link>http://www.arte.it/notizie/italia/la-grande-arte-torna-al-cinema-ecco-gli-appuntamenti-della-prossima-stagione-18989</link>
<description><![CDATA[<div><img src="http://www.arte.it/foto/1280x800/17/124791-My_Rembrandt.jpg" /></div>Pensate che sui grandi maestri della storia dell’arte sia già stato detto tutto? Forse no. Quattro personaggi celebri e carismatici sono al centro di altrettanti docufilm nella nuova stagione di La Grande Arte al Cinema, pronti a svelare storie inedite, misteri intricati, dimensioni poco note della propria personalità in esclusiva per il pubblico della rassegna targata Nexo Digital. Si parte il 24, 25 e 26 gennaio con Botticelli e Firenze. La nascita della bellezza, diretto da Marco Pianigiani: un viaggio a 360 gradi nella culla del Rinascimento sulle tracce di un artista che continua a incantarci con la sua grazia miracolosa. A partire dalla sua riscoperta nel XIX secolo ad opera dei Pre-Raffaelliti, infatti, Botticelli ha fatto breccia nella sensibilità di artisti di ogni genere, conquistando Salvador Dalì ed Andy Warhol, David LaChapelle, Jeff Koons e perfino Lady Gaga. Perché le sue opere sono impresse così profondamente nell’immaginario di tutti noi? Disegnatore raffinato, ritrattista rivoluzionario, straordinario interprete del suo tempo, nel film prodotto da Sky con Ballandi e Nexo Digital l’autore della Primavera si staglia nel panorama a tinte forti del Quattrocento fiorentino, dove il suo ideale di bellezza armoniosa emerge a pacificare gli animi con la celeberrima Venere dai capelli al vento. Botticelli e Firenze. La nascita della bellezza, un film di Marco Pianigiani prodotto da Sky con Ballandi e Nexo DigitalIl secondo titolo della rassegna ci porta invece nell’Egitto dei faraoni per un viaggio nella storia più intrigante e misteriosa fiorita all’ombra delle Piramidi. Al cinema a fine febbraio, Tutankhamon. L’ultima mostra celebra i 100 anni da una scoperta archeologica entrata nella leggenda, il ritrovamento da parte dello studioso britannico Howard Carter della tomba e dell’incredibile tesoro del faraone bambino. Nel film diretto da Ernesto Pagano avremo accesso alla più grande mostra internazionale mai dedicata al golden boy dell’antico Egitto, che il fotografo Sandro Vannini ha seguito in anteprima mondiale: l’ultimo viaggio di 150 preziosissimi reperti, che in seguito sono stati dichiarati inamovibili e d’ora in poi potranno essere ammirati soltanto presso il Museo Archeologico del Cairo. Tutankhamon. L’ultima mostra, un film di Ernesto Pagano I In sala a febbraio nella rassegna "La Grande Arte al Cinema" Un’altra storia clamorosa e oscura attende il pubblico cinematografico nel mese di marzo. In Leonardo. Il capolavoro perduto il regista Andreas Koefoed si getta sulle tracce del Salvator Mundi, il dipinto più costoso mai battuto all’asta, acquistato nel 2017 a New York da un emissario del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman e destinato al Louvre di Abu Dhabi, dove per motivi sconosciuti non è mai stato esposto. In 59 anni le quotazioni dell’opera sono salite da 45 sterline a 450 milioni di dollari, tra polemiche e controversie legali. In mezzo, l’attribuzione alla magica mano di Leonardo. Ma fu veramente il genio di Vinci a dipingere la tavola da Guinness? Il film cerca di far luce sul mistero, mostrando come a volte gli interessi diventino cruciali e la verità passi in secondo piano anche nel mondo dell’arte. Leonardo. Il capolavoro perduto, un film di Andreas Koefoed. Nelle sale italiane a maggio con la rassegna "La Grande Arte al Cinema" La stagione di La Grande Arte al Cinema si chiude a maggio con Il mio Rembrandt, ambientato nel mondo del collezionismo. Sogni, passioni e conflitti senza esclusioni di colpi circondano i quadri del maestro olandese, come mostrano le avvincenti storie presentate nel docufilm. Che cosa rende il lavoro di Rembrandt così speciale? Perché le sue opere toccano le persone tanto profondamente? Lo scopriremo in un incontro ravvicinato con chi ha vissuto queste vicende in prima persona, dai collezionisti Eijk e Rose-Marie De Mol van Otterloo all’americano Thomas Kaplan e allo scozzese Duca di Buccleuch, fino all’aristocratico mercante d’arte olandese Jan Six, in viaggio sulle tracce di due “nuovi” dipinti dell’artista. Dopo il successo del pluripremiato The New, il regista di Rijksmuseum Oeke Hoogendijk si prepara a raccontare una nuova storia che parla di e per gli amanti degli arte.  Leggi anche:• Al cinema con Van Gogh. Il fascino dei Girasoli in un film]]></description>
<pubDate>Tue, 28 Dec 2021 16:57:02 +0100</pubDate>
<category>Arte</category>
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<title>Il 2022 nel segno della luce: a Genova e a Trieste arrivano gli Impressionisti</title>
<link>http://www.arte.it/notizie/trieste/il-2022-nel-segno-della-luce-a-genova-e-a-trieste-arrivano-gli-impressionisti-18987</link>
<description><![CDATA[<div><img src="http://www.arte.it/foto/1280x800/59/98285-COURBET-La-Plage-a_-Trouville.jpg" /></div>Spiagge assolate, panorami scintillanti, una natura lussureggiante che si fa strada tra viali di rose e solitari ponticelli giapponesi dai colori impalpabili. Il nuovo anno si accinge a brillare grazie ai pennelli degli Impressionisti. Mentre, fino al 9 gennaio, il Museo MA*GA di Gallarate (VA) ospita 180 opere dei maggiori esponenti dell’Impressionismo, da Courbet a Pissarro, da Degas a Manet, a partire dal 4 febbraio due nuovi appuntamenti chiameranno a raccolta gli appassionati dei maestri dai tocchi veloci e della pittura en plein air per due imperdibili mostre a Trieste e a Genova. A Trieste in mostra Monet e gli Impressionisti in Normandia Tutto cominciò con gli acquarellisti inglesi come Turner e Parkes che, attraversata la Manica per abbandonarsi allo studio di paesaggi, trasmisero ai colleghi francesi la capacità di tradurre in pittura la vitalità di vedute e di tramonti. I pennelli inglesi si caricano della bellezza della Normandia, della sua luce, delle sue forme ricche che esaltano i sensi e l’esperienza visiva. Luoghi come l’estuario della Senna, Le Havre, la spiaggia di Trouville, il litorale da Honfleur a Deauville, il porto di Fécamp, i microcosmi generati dal vento, dal mare e dalla bruma diventano fonte di ispirazione, e i pittori francesi li assorbono afferrandone l’intensità dipingendo en plein air e dando il via al movimento impressionista. Dal 4 febbraio al 5 giugno il Museo Revoltella di Trieste sfodera un eccezionale corpus di oltre 70 opere che esplora il movimento impressionista indagando i suoi stretti legami con la Normandia. Pittori come Monet, Renoir, Delacroix e Courbet colsero l’immediatezza del paesaggio imprimendo sulla tela lo scintillio dell’acqua e gli umori del cielo, le valli verdeggianti della Normandia, culla dell’Impressionismo.Eugène Delacroix, Falesie a Dieppe, 1834 circa, Acquerello su carta, 16.8 x 12.8 cm, Collection Association Peindre en Normandie, Caen La mostra Monet e gli impressionisti in Normandia presenta ai visitatori alcuni gioielli del patrimonio della Collezione Peindre en Normandie – tra le più rappresentative del periodo impressionista – affiancata da opere in prestito da Musée Marmottan Monet di Parigi, dal Belvedere di Vienna, dal Musée Eugène-Boudin di Honfleur e da collezioni private.Da non perdere Falesie a Dieppe (1834) di Delacroix, La spiaggia a Trouville (1865) di Courbet,Tramonto, veduta di Guernesey (1893) di Renoir, capolavori che raccontano gli scambi, i confronti e le collaborazioni tra i più grandi artisti dell’epoca che, circondati da una natura folgorante, hanno conferito alla Normandia l’immagine emblematica della felicità del dipingere. Per tutta la durata della mostra sarà possibile visitare con un unico biglietto d’ingresso il Museo Revoltella, Galleria d’arte moderna di Trieste che vanta una prestigiosa collezione. La mostra si potrà visitare da martedì a domenica dalle 9 alle 19 (la biglietteria chiude un’ora prima).Claude Monet (1840 - 1926), Camille sulla spiaggia, 1870 Olio su tela, 30 x 15 cm, Parigi, Musée Marmottan Monet, lascito Michel Monet, 1966 Inv. 5038 | © Musée Marmottan Monet, Académie des Beaux-Arts, ParisA Genova in arrivo Monet e i capolavori dal Musée Marmottan di Parigi Dall’11 febbraio al 22 maggio a Palazzo Ducale, i paesaggi assolati di Trieste cedono a un percorso più intimo popolato da quelle opere che Monet ha conservato gelosamente nella sua casa di Giverny fino alla morte, e dalle quali non ha mai voluto separarsi. Cinquanta lavori che rappresentano alcune delle punte di diamante della produzione artistica di Monet e che raccontano l’intera parabola artistica del maestro impressionista attraverseranno gli spazi del Munizioniere, provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi che vanta il nucleo più grande al mondo di opere di Monet, frutto di una generosa donazione di Michel, figlio del pittore, avvenuta nel 1966.Claude Monet (1840 - 1926), Ninfee, 1916-1919 circa, Olio su tela, 130 x 152 cm, Parigi, Musée Marmottan Monet, Lascito Michel Monet 1966, Inv. 5098 | © Musée Marmottan Monet, Académie des Beaux-Arts, ParisAd accogliere il pubblico saranno le iconiche Ninfee, Iris, Emerocallidi, le diverse versioni de Il ponte giapponese e la sua ultima e magica opera Le rose. A rendere ancora più affascinante il percorso a cura di Marianne Mathieu sarà l’alone di amore e intimità che avvolge i lavori esposti, circondati da una luce evanescente con la quale Monet ha sempre unito il suo amore per la natura con l'arte. Proprio Giverny, la sua casa dopo il 1883, diventa luogo di rinascita e consapevolezza per lo stesso artista. Qui la sua pittura si carica di nuovi elementi dettati da una brillante innovazione formale e di ricerca stilistica che spinge a interessarsi sempre più di soggetti impregnati di nuova lirica e colori vivaci. La mostra si potrà visitare lunedì dalle 11 alle 19, martedì, mercoledì, giovedì dalle 9 alle 19; venerdì dalle 9 alle 21; sabato e domenica dalle 10 alle 19. La biglietteria chiude un’ora prima.  Leggi anche:• Un grande Monet è in arrivo a Milano• Da Parigi a Milano con Monet• Al MAGA arrivano gli Impressionisti: un viaggio tra moda e poesia alle origini della modernità]]></description>
<pubDate>Mon, 27 Dec 2021 16:57:42 +0100</pubDate>
<category>Arte</category>
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<title>Dai misteri di Pompei alle "Meraviglie" di Alberto Angela, la settimana di Capodanno in tv</title>
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<description><![CDATA[<div><img src="http://www.arte.it/foto/1280x800/93/118829-affresco_villa_misteri.jpg" /></div>C’è la Lucca di Giacomo Puccini, dell’anfiteatro romano e del seicentesco Palazzo Pfanner, e c’è la magia segreta di Pompei, svelata, in prima visione, attraverso un viaggio cinematografico tra eros e mito. Che preferiate un’incursione notturna nelle suggestive sale del Museo d’Orsay a Parigi o un viaggio tra i capolavori di Bronzino, l’arte non va in vacanza e anche nella settimana di capodanno continua a regalare emozioni al pubblico da casa. Ecco alcuni appuntamenti da segnare in agenda dal 27 dicembre al 2 gennaio. Hokusai, il Museo d’Orsay, Pompei protagonisti su Sky Arte La settimana di Sky ha inizio sulla cresta della Grande Onda di Hokusai. Oggi, lunedì 27 dicembre alle 18.35 va in onda Hokusai dal British Museum il primo documentario inglese dedicato al celebre artista giapponese noto per le sue 100 viste del Monte Fuji, che offre una visita esclusiva tra le sale dell’esposizione del British Museum. Girato in Giappone, negli Stati Uniti e nel Regno Unito, il documentario presenta al pubblico Tim Clark, il curatore della mostra di Londra, e Roger Keyes, appassionato studioso che da quasi mezzo secolo si dedica all'indagine delle stampe di Hokusai. I due ospiti proporranno nuove interpretazioni di opere celebri, indagando l’opera dell’artista a 360 gradi.Katsushika Hokusai, La Grande Onda, costa di Kanagawa, Dalla serie Trentasei vedute del monte Fuji (1830-1831 circa)La penultima notte dell’anno ci porta a Parigi. Giovedì 30 dicembre alle 18.50 Una Notte al Museo d’Orsay concede un’incursione unica e solitaria nelle sale del Museo parigino in compagnia dall’attore e regista Charles Berling. Il primo dell’anno regina del piccolo schermo sarà invece un’insolita Pompei. Con il regista Pappi Corsicato e Isabella Rossellini nei panni di narratrice, il pubblico da casa farà un salto nel tempo di duemila anni alla scoperta di storie e personaggi sepolti dalla furia del Vesuvio e riemersi molti secoli dopo in un sito archeologico unico al mondo. Pompei. Eros e Mito, alle 21.15 in prima visione, invita a un viaggio tra le strade della colonia romana, al cospetto di gladiatori e ninfe danzanti, imperatori, affreschi e divinità. E il pubblico diventa lo stupefatto ospite di un mondo sospeso tra storia e leggenda, dalla disperata ricerca dell’immortalità di Poppea Sabina agli amori di Bacco e Arianna che fanno capolino sulle pareti della Villa dei Misteri, fino al conturbante connubio tra Leda e il Cigno. Tra gli ospiti l’ex direttore del Parco Archeologico di Pompei Massimo Osanna e il direttore dell’American Institute for Roman Culture Darius Arya. L'enorme orologio del Musée d'Orsay | Tramite PixabaySu Rai Alberto Angela tra le “Meraviglie” d'Italia, da Procida al Gran Paradiso A partire da martedì 28 dicembre tornano, in prima serata, quattro nuove puntate di Meraviglie, il fortunato programma di Rai 1 magistralmente condotto da Alberto Angela, con la regia di Gabriele Cipollitti e la fotografia di Vincenzo Calò. Questa sorta di viaggio nel passato, familiare e soprattutto culturale, prende il via dai tesori di Ischia e Procida per poi raggiungere la città di Lucca, e infine puntare dritto verso la Valle d’Aosta, al parco del Gran Paradiso, con i suoi suggestivi castelli, come quello di Fénis. Dante sbarca su Rai 2 Mentre volge al termine l’anno dantesco, che celebra il 700° anniversario della morte del Sommo Poeta, ITsART e Rai Documentari portano sul piccolo schermo una grande coproduzione internazionale. Dante, il sogno di un’Italia libera, docu-drama scritto da Diego D’Innocenzo, Luca Marchetti e Mariangela Barbanente, andrà in onda su Rai 2 lunedì 27 dicembre, in una prima serata firmata Rai Documentari. Diretta da Jesus Garces Lambert, la co-produzione GA&A Productions/ARTLINE Films con RAI Documentari e ARTE GEIE trasporta lo spettatore nelle atmosfere del XIV secolo attraverso lo sguardo del Sommo. Questa vera e propria epopea filmica, resa ancora più coinvolgente dalle musiche originali di John Sposito, schiude le stanze e l’indole dei personaggi più influenti del 1300: re, papi e imperatori che hanno determinato il destino dell’Italia e dell’Europa per i decenni successivi. A decodificare i versi del Poeta, - interpretato da Bernardo Casertano - contestualizzando gli eventi narrati e offrendo un punto di vista privilegiato su una delle opere più importanti della storia europea - saranno alcuni tra i più illustri studiosi danteschi del mondo. Il Duomo di San martino a Lucca | Foto: © djedj via PixabayBronzino, maestro manierista, brilla su Rai Storia Martedì 28 dicembre alle 8.50 la serie Italia. Viaggio nella Bellezza 2021 ci conduce, in prima tv, nell’universo di Bronzino. Il maestro del Manierismo, erede dei grandi del Rinascimento, sarà protagonista della puntata con lo splendido San Giovannino. Su Arte tv ARTJACKING - L'arte in trasformazione Un'immersione nell'arte contemporanea per comprendere i grandi capolavori della storia. È quanto propone, su Arte tv, la serie ARTJACKING - L'arte in trasformazione. Che cos’hanno in comune La colazione sull’erba di Manet, Il giudizio di Paride di Marcantonio Raimondi ed Anthony Mc Call? Basta seguire le brevi puntate della serie per scoprire un universo di bellezza cucito dal mistero dei classici e dalle reinterpretazioni dei moderni, da Géricault a Hu Jieming, da Klein a Philippe Ramette.]]></description>
<pubDate>Mon, 27 Dec 2021 08:58:32 +0100</pubDate>
<category>Arte</category>
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<link>http://www.arte.it/notizie/gorizia/punto-linea-e-superficie-tutte-le-sfumature-dell-astrattismo-18983</link>
<description><![CDATA[<div><img src="http://www.arte.it/foto/1280x800/e5/124205-01_Kandinsky_Vasilij_1686.jpg" /></div>“L’impatto dell’angolo acuto di un triangolo contro un cerchio ha un effetto non meno poderoso del dito di Dio che tocca l’indice di Adamo in Michelangelo”: a pensarci bene, la rivoluzione dell’astratto è già tutta in questa frase di Vassily Kandinsky. Se nei primi anni del XX secolo le idee del pittore russo dovettero sembrare alquanto bizzarre, più tardi una larga parte dell’arte del Novecento avrebbe seguito la sua scia, dando vita a un caleidoscopio di poetiche, stili, movimenti. A indagare la galassia dell’astratto e la sua evoluzione fino al prossimo 2 maggio è la mostra Punto, linea e superficie. Kandinsky e le avanguardie, da poco inaugurata presso la Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Monfalcone, che scalda i motori in vista del 2025, quando la vicina Gorizia sarà Capitale Europea della Cultura. Punto, linea e superficie. Kandinsky e le avanguardie. Allestimento alla Galleria Comunale d'Arte Moderna di Monfalcone I Courtesy Fondazione Musei Civici di Venezia“Questa esposizione è costruita con i capolavori delle collezioni della Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, uno dei nostri undici straordinari Musei per raccontare l’affascinante viaggio dell’arte astratta dalla sua nascita al nostro contemporaneo”, spiega Gabriella Belli, direttore della Fondazione Musei Civici di Venezia: “Molte di queste opere sono state acquistate dal Comune di Venezia in diverse edizioni della Biennale, altre sono state donate alla Galleria dagli stessi artisti premiati, a testimonianza di una lunga storia di stima e gratitudine che lega i Musei alla città e alle sue Istituzioni culturali, ai collezionisti, ai mecenati e agli artisti”. A cura di Elisabetta Barisoni, la mostra è un viaggio in 40 opere attraverso quasi un secolo di pittura e scultura: inizia con il padre dell’astrattismo, rappresentato da capolavori assoluti proprio a Ca’ Pesaro, prosegue con pionieri come l’americano Lyonel Feininger e poi esplora l’impatto delle idee di Kandinsky sulle avanguardie novecentesche, surrealisti in testa, per inoltrarsi infine nei territori della scultura dopo la Seconda Guerra Mondiale e concludersi con le esperienze del minimalismo negli anni Settanta. Punto, linea e superficie. Kandinsky e le avanguardie. Allestimento alla Galleria Comunale d'Arte Moderna di Monfalcone I Courtesy Fondazione Musei Civici di VeneziaCome racconta nel dettaglio la curatrice, “Sulla linea tracciata da Paul Klee e Kandinsky, durante gli anni Venti si inseriscono le sperimentazioni del Surrealismo di Joan Miró, Max Ernst, Antoni Tàpies, la scultura astratta di Jean Arp e di Alexander Calder, le analogie cosmiche di Enrico Prampolini e le forme musicali di Luigi Veronesi. La terza parte della mostra esplora la persistenza dell’Astrazione nel secondo dopoguerra. Negli anni Quaranta la lezione di Kandinsky si declina in Inghilterra con l’esperienza di Ben Nicholson, nelle esperienze internazionali dell’Espressionismo astratto e in Italia del Fronte Nuovo delle Arti e dell’Astrattismo segnico. Da Emilio Vedova a Mario Deluigi e Tancredi, da Karel Appel a Mark Tobey, le forme dell’astrazione nella seconda parte del ‘900 si collocano a metà tra Informale, suggestione lirica e gestuale. La mostra si chiude con una preziosa selezione di scultura, che completa il percorso con capolavori di Mirko Basaldella, Eduardo Chillida, Luciano Minguzzi e Bruno De Toffoli, a testimoniare la persistenza del dialogo tra astrazione e biomorfismo verso gli anni Cinquanta. Infine la ripresa di un’astrazione radicale, quasi ascetica, si fa strada con le esperienze minimali di Richard Nonas e di Julia Mangold, che introducono il visitatore nel pensiero degli anni Settanta, alla ripresa di una nuova vita dell’arte e delle forme astratte”. Punto, linea e superficie. Kandinsky e le avanguardie. Allestimento alla Galleria Comunale d'Arte Moderna di Monfalcone I Courtesy Fondazione Musei Civici di VeneziaLeggi anche:• Un grande Kandinsky è in arrivo a Rovigo]]></description>
<pubDate>Fri, 24 Dec 2021 12:25:49 +0100</pubDate>
<category>Arte</category>
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<title>Da Guido Reni a Tiziano, tra paesaggio e tesori "nascosti": ecco il 2022 della Galleria Borghese</title>
<link>http://www.arte.it/notizie/roma/da-guido-reni-a-tiziano-tra-paesaggio-e-tesori-nascosti-ecco-il-2022-della-galleria-borghese-18981</link>
<description><![CDATA[<div><img src="http://www.arte.it/foto/1280x800/a9/124759-Tiziano_Vecellio_Ninfa_con_pastore_olio_su_tela_149_6_x_187_cm_Kunsthistorisches_Museum_Vienna.jpg" /></div>Dai piccoli tesori custoditi nei depositi, pronti a rivedere la luce, al rapporto tra Guido Reni e Roma, tra sacro e natura.La Galleria Borghese annuncia gli appuntamenti del nuovo anno che avranno come filo conduttore il dialogo tra arte e paesaggio. “I nostri visitatori - spiega il direttore della Galleria Borghese, Francesca Cappelletti - saranno portati a riflettere sulla natura culturale del paesaggio, su quanto l’ambiente circostante e i materiali della natura siano stati ispirazione e oggetto dell’attività degli artisti”. Guido Reni, il sacro e la natura A inaugurare il ricco calendario di appuntamenti sarà, il 9 febbraio, Guido Reni. Fino al 22 maggio la mostra dossier Guido Reni a Roma. Il sacro e la natura, a cura di Francesca Cappelletti, accende i riflettori sul dipinto Danza campestre che, appena un anno fa, ha fatto ritorno nella collezione del cardinale Scipione Borghese. Questo paesaggio festoso dialogherà con altre pitture della contemporanea produzione dell’artista nell’ambito della committenza Borghese. La mostra aprirà una riflessione sul rapporto tra l’artista - pennello molto amato da Scipione Borghese - il soggetto campestre e la veduta di paesaggio, finora considerati estranei alla sua produzione o, comunque poco praticati. Muovendo dall’interesse di Reni per la pittura di paesaggio in rapporto agli altri pittori italiani e stranieri presenti a Roma nel primo Seicento, la mostra punterà a ricostruire i primi anni del soggiorno romano del maestro, il suo studio appassionato delle opere rinascimentali e dell’antico, i rapporti con il banchiere genovese Ottavio Costa e l’ammirazione nei confronti della pittura di Caravaggio che Reni ha conosciuto e frequentato. Guido Reni, Danza campestre, Olio su tela, 99 x 81 cm, Roma, Galleria Borghese | Courtesy Galleria BorgheseDa Vienna a Roma la Ninfa con pastore di Tiziano I temi della natura - intesa come paesaggio significante e luogo dell’agire umano - e dell’Amore - declinato nelle sue diverse forme - accenderanno l’estate della Galleria Borghese. A partire dal 15 giugno - fino al 18 settembre - la mostra dossier Tiziano. Dialoghi di Natura e di Amore, a cura di Maria Giovanna Sarti, avrà come fulcro la Ninfa con pastore di Tiziano, in prestito dal Kunsthistorisches Museum di Vienna nell’ambito di un programma di scambio culturale tra le due istituzioni. L’incontro tra i due capolavori del pittore di Pieve di Cadore sarà l’occasione per un dialogo intorno ad alcuni temi sempre presenti nella sua produzione, un filo che dagli esordi conduce fino agli estremi epigoni della sua attività. Amore e Natura sono strettamente legati e parte del ciclo della Vita, in un rapporto armonico cui allude l’allegoria amorosa e musicale della Ninfa con pastore. Si tratta dell’ultimo episodio di una ricorrenza avviata dal primissimo Tiziano con le Tre età dell’uomo, proposto in mostra nella replica di Sassoferrato che, nel corso del Seicento, copia, molto probabilmente per i Borghese, una versione presente a Roma del dipinto di Tiziano. La pittura su pietra, una meraviglia senza tempo In autunno un percorso “spettacolare” dedicato alla pittura su pietra ospiterà la mostra Meraviglia senza tempo. Pittura su pietra a Roma nel Seicento a cura di Francesca Cappelletti e Patrizia Cavazzini. Dal 25 ottobre al 29 gennaio il percorso svelerà al pubblico le origini di questo genere, inventato da Sebastiano del Piombo. In seguito al Sacco di Roma, spiazzato dalla perdita di numerosi dipinti durante il lungo assedio della città da parte dei Lanzichenecchi, il pittore di origini veneziane iniziò a dipingere su supporti diversi dalla tela, più resistenti ai pericoli e al tempo. La presenza della pittura su pietra all’interno del museo, con le sue diverse declinazioni, offrirà interessanti spunti di riflessione intorno al cambiamento di contesto, rispetto all’ “invenzione” di Sebastiano del Piombo e alla pittura fiorentina di secondo Cinquecento. Jacques Stella, Giuditta in preghiera, Olio e oro su marmo belga, 33 x 28 cm, Roma, Galleria Borghese | Courtesy Galleria BorgheseA suscitare stupore, oggi come in passato, è soprattutto la diversità dei materiali impiegati nelle opere d’arte. Sculture, dipinti, oggetti e opere si ponevano in una situazione intermedia, quasi di metamorfosi, portando nelle sale il sorprendente connubio tra arte e natura. Grazie all’uso di marmi e di metalli i quadri potevano competere con le sculture nella loro capacità di vincere il tempo o rafforzare l’idea che il ritratto, eseguito per eternare la memoria di un personaggio, potesse davvero sfuggire alla caducità grazie alla magia dell’arte. "I quadri scendono le scale” A precedere i tre appuntamenti espositivi sarà, a partire dal 4 gennaio, l’iniziativa “I quadri scendono le scale”, finalizzata a valorizzare le pitture custodite nei depositi della Galleria, situati al di sopra dei piani espositivi. Fino al 7 febbraio quindici opere, a rotazione, arricchiranno le sale della Galleria. Si tratta di quadri di piccole dimensioni, prevalentemente di scuola fiamminga, con figure e paesaggi, su tela o tavola, ma anche su rame. A uscire dai depositi saranno anche il Ritratto di dama di Lucia Anguissola, probabilmente opera della sorella Sofonisba, anche lei pittrice, e Le tre grazie, un olio su tela già attribuito a Francesco Vanni e a Rutilio Manetti, e solo di recente restituito alla mano di Ventura Salimbeni. Un paesaggio impreziosito da profili di luce incornicia le tre Grazie, Aglaia, Eufrosine e Talìa, secondo la mitologia greca e romana, divinità legate al culto della natura e della vegetazione, oppure, secondo la visione neoplatonica, le tre facce dell’Amore, la Castità, la Voluttà e la Bellezza, legate al culto di Venere-Afrodite. I depositi della Galleria Borghese | Courtesy Galleria BorgheseIl Museo Egizio arriva in Galleria Nel 2022 la Galleria Borghese attiverà un’interessante collaborazione con il Museo Egizio di Torino. In occasione del bicentenario dalla prima decifrazione dei geroglifici da parte dell’egittologo francese Jean-François Champollion e del britannico Thomas Young, il 21 settembre la sala egizia della Galleria Borghese ospiterà una stele proveniente dal museo torinese. Un pannello multimediale metterà l’opera in relazione alla sala egizia nella quale sarà temporaneamente collocata. La sala, che celebrava l’antichità egizia in maniera ancora fantasiosa, è emblematica del fascino che l’arte e la scrittura dell’Egitto avevano esercitato in città dal Rinascimento fino agli studi seicenteschi del gesuita Athanasius Kircher. Leggi anche:• Nel segno della meraviglia: Damien Hirst alla Galleria Borghese• La Danza campestre di Guido Reni torna nella collezione della Galleria Borghese]]></description>
<pubDate>Thu, 23 Dec 2021 16:51:34 +0100</pubDate>
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<title>Dalla letteratura alla tela. Velázquez, artista moderno, sotto la lente di Guillaume Kientz</title>
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<description><![CDATA[<div><img src="http://www.arte.it/foto/1280x800/5b/124737-Kientz.jpg" /></div>Dalle pagine della letteratura picaresca tre grotteschi personaggi ormai “perduti” approdano a una delle prime tele di Velázquez, facendosi portatori di una condanna morale che funge al tempo stesso da monito a chi li guarda. E il pittore andaluso li accoglie nel suo Pranzo, facendoli sedere intorno a una tavola poverissima, pitocchi, a condividere due melograni e una pagnotta non troppo fresca, racchiusi in una rigida disposizione piramidale che pone il più vecchio, a sinistra, a fissare il vuoto, l'uomo più giovane al centro, a brandire una bottiglia di vino bianco mentre sorride in modo sgradevole, il terzo personaggio a destra, ritratto mentre alza un pollice con un’aria sciocca. Simili ai soggetti di un moderno autoscatto, i tre al centro di una delle scene di taverna conosciute in Spagna come bodegónes, sono i protagonisti de Il Pranzo, una delle prime opere del maestro, restituita al pittore spagnolo nel 1895, dopo un’iniziale attribuzione a un anonimo di scuola fiamminga. Per la prima volta in Italia, fino al 27 febbraio questo dipinto, parte della collezione di Caterina la Grande, è ospite d’eccezione della mostra Velázquez per Ceruti, dedicata dalla Pinacoteca Tosio Martinengo a un inedito confronto tra l’artista spagnolo e alcune opere del Pitocchetto.Diego Velázquez, Il Pranzo, 1616-1617, Olio su tela, 108.5 x 102 cm, San Pietroburgo, Museo Ermitage | Foto: © Vladimir Terebenin | Courtesy Museo statale dell'Ermitage, 2021 Il museo bresciano che possiede il più importante corpus al mondo di opere dell’autore milanese di nascita e bresciano di adozione accoglie Il Pranzo accanto ad alcuni capolavori della produzione pauperistica di Ceruti, il cui presupposto artistico e culturale è da riconoscere nel naturalismo seicentesco europeo, che proprio in Velázquez ebbe uno dei suoi massimi protagonisti. Tra le opere in mostra anche alcuni dipinti provenienti dal Ciclo di Padernello come Ritratto di due ragazze (1720-25), I calzolai (1725-30) e Due poveri in un bosco (1730-35). La cura del progetto è affidata a Guillaume Kientz, direttore di Hispanic Society Museum & Library di New York, già responsabile delle collezioni di arte e scultura spagnola, portoghese e latino-americana al Museo del Louvre di Parigi, e curatore, nel 2015, della grande retrospettiva su Diego Velázquez al Grand Palais di Parigi. È lui a illuminarci su alcuni elementi di questa tela la cui esposizione costituisce un’anteprima della grande mostra che Fondazione Brescia Musei dedicherà a Giacomo Ceruti nel 2023, nell’anno in cui Brescia e Bergamo saranno Capitali Italiane della Cultura. Che cos’è che accomuna Velázquez e Ceruti? E perché è stato scelto di mettere a confronto questi due artisti in una mostra? “Nonostante abbiano operato in secoli diversi, entrambi sono interpreti in pittura di una stessa tradizione, la tradizione picaresca, presente tanto in Italia quanto in Spagna. A tradurre questa tradizione in pittura sono stati anche artisti come Caravaggio, Frangipane, Bartolomeo Passerotti". Allestimento della mostra Velázquez per Ceruti, Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo | Foto: © ChristianPenocchio | Courtesy adicorbettaIl Pranzo di Velázquez arriva per la prima volta in Italia da San Pietroburgo. In cosa consiste l’originalità di quest’opera? “La modernità è offerta principalmente dal suo soggetto, quasi mai trattato in passato, e dal modo diretto di portare in scena la gente umile. Questa tradizione era diffusa soltanto nella letteratura picaresca (un genere letterario che ha avuto origine nella Spagna del XVI e XVII secolo e che descrive le avventure burlesche dei vagabondi ndr) e in qualche incisione. Velázquez è tra i primi a portare questa tradizione dal libro alla tela, e senza dubbio è il primo per livello di qualità e sofisticazione”. A quali modelli attinge Velázquez per rappresentare questa scena di taverna conosciuta in Spagna come bodegón? “Velázquez riprende una tradizione visiva che è quella della storia santa, e trasforma la scena in una Cena in Emmaus. É interessante vedere come, per tradurre in maniera visiva un soggetto letterario, il pittore si ispiri a soggetti visivi precedenti come quelli della Bibbia”. Diego Velázquez, Dettaglio, Il Pranzo, 1616-1617, Olio su tela, 108.5 x 102 cm, San Pietroburgo, Museo Ermitage | Foto: © Vladimir Terebenin | Courtesy Museo statale dell'Ermitage, 2021Qual è stato il contributo di Velázquez alla pittura italiana? "Nessuno. Gli italiani non sapevano nulla di lui. Nel suo tempo, nel Seicento, questo pittore non ebbe molta influenza in Italia. Certo, c’era qualcuno che collezionava i suoi ritratti, ma nulla di più. Velázquez venne in Italia a studiare l’arte italiana e fu questa a influenzare la sua pittura. Il suo influsso arriva tuttavia molto più tardi, quando l’Ottocento scopre la pittura spagnola e fa di Velázquez una figura di riferimento”. E invece il contributo apportato da Velázquez alla pittura spagnola? “Sulla pittura spagnola Velázquez ha avuto una forte influenza, soprattutto a Siviglia. Ha influenzato le scene di genere, i bodegón, mentre a Madrid ha ispirato soprattutto il genere del ritratto, liberandolo dalla rigida e fredda impaginazione che aveva avuto fino a quel momento, rendendolo più nuovo ed elegante”. Diego Velázquez, Dettaglio, Il Pranzo, 1616-1617, Olio su tela, 108.5 x 102 cm, San Pietroburgo, Museo Ermitage | Foto: © Vladimir Terebenin | Courtesy Museo statale dell'Ermitage, 2021Il Pranzo appartiene a La pintura de risa (pittura ridicola). In che modo questo genere di pittura era da monito alle classi ricche? “Erano i ricchi a commissionare questi quadri che avevano come soggetto la gente umile. Sul perché fosse diffusa questa usanza dobbiamo considerare due motivi. Il primo - ma non è il caso del Pranzo di Velázquez - è legato a esigenze devozionali, di carità. Più vicino invece alle intenzioni di Velázquez è invece l’intento di offrire una lezione morale. In tal senso la tela è molto chiara. Sono rappresentati tre personaggi di età diverse che vivono un’esistenza non augurabile a nessuno, tra taverne e vino, privi di cibo e di casa. Il giovane al centro, che fissa lo spettatore, sta già brindando brandendo una bottiglia di vino bianco. Il più vecchio, a sinistra, fissa il vuoto, mentre il giovane che alza un pollice con un’aria po’ sciocca è già sulla strada traviata. La lezione che il pittore vuole fornirci è un messaggio morale. Sembra dirci: attenzione, la via della povertà è una via veloce e pericolosa e bisogna stare attenti e tenersi alla larga dalle taverne. Questo messaggio incontra altre tradizioni come quella del figlio prodigo nella Bibbia, o la tradizione fiamminga, racchiusa nel proverbio “I vecchi cantano, i giovani recitano”, (a indicare come il cattivo esempio sia contagioso). Questo proverbio fu ad esempio tradotto in pittura da artisti come Jordaens o Rubens. Questo discorso sull’esempio morale degli adulti nei confronti dei più giovani si inserisce anche in questo quadro”.Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto, Due poveri in un bosco (L’incontro nel bosco), 1730-1735 circa olio su tela, 156 x 190 cm | Courtesy Pinacoteca Tosio Martinengo, BresciaLei dirige attualmente l’Hispanic Society Museum & Library di New York, uno dei musei più antichi della città. Qual è il punto di forza di questa collezione e quale la sua missione? Quali le prossime mostre? “È un museo interamente dedicato all’arte e alla cultura, o meglio alle culture del mondo ispanico. Non parliamo quindi solo di Spagna e Portogallo, ma anche di America latina, Filippine, Goa, di tutti i paesi, in tutto il mondo, dove si parla o si parlava spagnolo o portoghese. La collezione è enciclopedica, spazia dalle pitture alle sculture, dai tessuti ai disegni, accoglie fotografie, incisioni, gioielli. Abbiamo sette pitture di El Greco, tre pitture di Velázquez, cinque quadri e numerosi disegni di Goya. Il museo, che stiamo rinnovando per farlo meglio conoscere al pubblico, conta all’incirca un milione di oggetti. Attualmente, fino al 9 gennaio è in corso una mostra dal titolo Gilded Figures: Wood and Clay Made Flesh, dedicata alla scultura policroma. Il 17 febbraio inaugureremo invece un’esposizione sui tesori della collezione rivisitati da una curatrice esterna. In primavera avremo una mostra sugli artisti americani cha hanno viaggiato in Spagna e in America latina. Nell’autunno del 2022 ospiteremo invece un’esposizione dedicata al muralista messicano José Clemente Orozco, amico di Diego Rivera e Frida Kahlo". Quali strategie dovrebbe adottare un museo nel post-pandemia? “Il museo è un posto fantastico per viaggiare, evadere, essere ispirati, ripensare il mondo. In questo momento di grandi dubbi i musei aiutano la gente a riprogettarsi, a essere in pace con il mondo, a ripercorrere anche i momenti difficili vissuti nel passato e a recuperare coraggio”. Hispanic Society Museum & Library | Foto: ©  Studio Nicholas Venezia | Courtesy Hispanic Society Museum & LibraryLa mostra alla Pinacoteca Tosio Martinengo è aperta da martedì a domenica dalle 10 alle 18. Sabato 25 dicembre la Pinacoteca rimarrà aperta dalle 16 alle 20, lunedì 27 dicembre e sabato 1° gennaio dalle 10 alle 18. Tra Natale e l'anno nuovo la Pinacoteca darà la possibilità al pubblico di visitare con un unico biglietto la mostra Velázquez per Ceruti in Pinacoteca e Il senso del nuovo. Lattanzio Gambara, pittore manierista presso il Museo di Santa Giulia. Leggi anche:• Alla Pinacoteca Tosio Martinengo un Velázquez mai visto dialoga con Giacomo Ceruti• Brescia capitale culturale: la città "dirompente" tra identità e partecipazione• Velázquez per Ceruti]]></description>
<pubDate>Thu, 23 Dec 2021 13:37:23 +0100</pubDate>
<category>Arte</category>
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<title>L'Agenda dell'Arte - In libreria</title>
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<description><![CDATA[<div><img src="http://www.arte.it/foto/1280x800/4d/72755-Libri.jpg" /></div>• Pio Baldi e Alice Militello (a cura), Enigma Raffaello. Fortuna, rivalità, contrasti: il mistero della morte del Sanzio. SkiraIl 6 aprile del 1520 Raffaello Sanzio si spegneva improvvisamente all’età di 37 anni in circostanze poco chiare, dando il via a cinque secoli di domande e congetture. A ucciderlo furono i vizi amorosi, come racconta Giorgio Vasari nelle Vite, oppure il rancore, l’animosità e l’invidia dei suoi rivali? Gli autori di questo libro indagano dietro il mito del giovane artista bello, raffinato e apparentemente amato da tutti, analizzandone criticamente la personalità ed esaminandone i potenziali rivali. Come in un giallo, ripercorriamo i momenti della morte e della sepoltura di Raffaello, la riesumazione delle sue presunte spoglie nel 1833, la realizzazione di un calco del teschio e la ricostruzione del volto del maestro attraverso le tecniche della moderna antropologia forense. Storia dell’arte, ricerca archivistica e bibliografica, scienza del restauro, tecnologie biomediche e bioarcheologiche e scienze anatomopatologiche mettono insieme le forze per far luce sull’esistenza e sulla fine di uno degli artisti più celebrati della storia. Enigma Raffaello. Fortuna, rivalità, contrasti: il mistero della morte del Sanzio. A cura di Pio Baldi e Alice Militello. Skira, 2021• Clara Bouveresse e Sarah Moon (a cura), Donne fotografe. Contrasto BooksUn sorprendente viaggio lungo la storia della fotografia attraverso lo sguardo femminile: è la proposta del cofanetto edito da Contrasto nell’iconica collana Fotonote, composto di tre volumi e quasi 200 immagini da scoprire. Si parte con le Pioniere (1851-1936), intraprendenti e audaci sperimentatrici come Julia Margaret Cameron, Claude Cahun, Imogen Cunningham o Tina Modotti, per andare avanti con Rivoluzionarie (1937-1970), che con nuova energia hanno documentato guerre, scontri politici e importanti questioni sociali, come Margaret Bourke-White, Lee Miller, Gerda Taro, Diane Arbus, Vivian Maier: donne che rivendicano un approccio soggettivo e personale all’obiettivo, senza aver paura di contaminare l’arte con l’impegno.  Si arriva infine alle Visionarie (1970-2010), che combinano la fotografia con video, installazioni e altri media, a costo di metterne in discussione lo statuto. Tra nomi celebri come Cindy Sherman, Sophie Calle, Francesca Woodman e Shirin Neshat, il mondo della fotografia rompe i confini del mondo occidentale, portando alla ribalta autrici dalle origini più diverse. Quello che emerge è un panorama dinamico e variegato, che mostra come fin dall’invenzione della fotografia le donne siano state protagoniste di questa avventura, aprendo studi fotografici, depositando brevetti, raccontando il mondo, sperimentando, ricercando, esercitando i propri talenti nell’arte del ritratto, del fotomontaggio surrealista, della moda o del reportage.Donne Fotografe. ContrastoBooks, 2021• Massimiliano Gioni, Il desiderio messo a nudo. Conversazioni con Jeff Koons. Johan and LeviMentre a Firenze è ancora in corso la grande mostra di Palazzo Strozzi dedicata a Jeff Koons, il chiacchierato artista contemporaneo si racconta in una lunga intervista con il critico e curatore Massimiliano Gioni. Dopo il record di Rabbit, il coniglietto d’acciaio battuto all’asta per più di 90 milioni di dollari, Jeff Koons è il re del mercato dell’arte. Artefice di opere che sono entrate nell’immaginario collettivo rileggendo e incarnando i topos della società dei consumi, Koons mette in scena il desiderio e accoglie lo spettatore in uno spazio euforico e vitale, dove gli oggetti più banali si trasformano in voluttuose sirene. Brillante e maniacale come le sue sculture, la personalità di Koons si svela in una serie di conversazioni condotte da Gioni tra il 2018 e il 2021. Ripercorriamo così le tappe principali della sua storia d’artista, dall’infanzia in Pennsylvania all’incontro con Duchamp, fino alle recenti commissioni a Parigi e in Qatar. La chiave del successo, lascia intendere l’autore di Rabbit, è più semplice del previsto: accettare senza fisime i propri gusti, il proprio background, i propri desideri. “Da sempre sono consapevole del potere discriminatorio dell’arte, e da sempre mi oppongo”, afferma più convinto che mai. Massimiliano Gioni, Il desiderio messo a nudo. Conversazioni con Jeff Koons. Johan and Levi, 2021• Zehra Doğan, Prigione n.5. Becco GialloArtista, attivista e giornalista curda, Zehra Doğan fu arrestata in Turchia nel 2016 per aver condiviso una sua opera su Twitter: rielaborando una fotografia scattata da un soldato turco tra le macerie della città di Nusaybin, Zehra aveva sostituito ai blindati di Erdogan degli scorpioni, simbolo di morte e distruzione. Per quasi tre anni è rimasta chiusa nella Prigione n.5, mentre le sue opere facevano il giro del mondo, Ai Weiwei le dedicava un'appassionata lettera aperta e Banksy un murales a New York. Sul Bowery Wall, il muro più ambito di Manhattan, l'artista curda è rappresentata tra le sbarre mentre brandisce la sua arma più potente: una matita. E in effetti di smettere di disegnare Zehra non ha voluto saperne: di nascosto e con mezzi di fortuna - lenzuola, stracci, frutti e verdure, sangue, cenere di sigarette - ha continuato ad esprimersi regalandoci una testimonianza di straordinario coraggio. Oggi quei disegni fatti uscire clandestinamente dal carcere si ricompongono in un diario-graphic novel edito da Becco Giallo. Perché “le idee non possono essere prigioniere. Trovano la loro strada, scivolano dentro le fessure, attraversano le finestre con le sbarre e le crepe dei muri. Evitano agili il filo spinato. Raggiungono l’esterno della prigione come rami d’edera. E alla fine, arrivano a noi”.Zehra Doğan, Özdinamik, Auto-dinamica, 2017, carcere di Diyarbakir, 67 x 56 cm, penna a sfera, caffè, curcuma, succo di prezzemolo su giornale I Photo Jef Rabillon]]></description>
<pubDate>Wed, 22 Dec 2021 20:14:34 +0100</pubDate>
<category>Arte</category>
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<link>http://www.arte.it/notizie/italia/genova-svela-i-gioielli-segreti-di-bernardo-strozzi-18975</link>
<description><![CDATA[<div><img src="http://www.arte.it/foto/1280x800/c2/124707-Strozzi.jpg" /></div>Lo hanno paragonato a Caravaggio, a Rubens, a Van Dyck. Ma a Genova Bernardo Strozzi brilla di luce propria, tra i capolavori da cavalletto di Palazzo Rosso e le spettacolari decorazioni di Palazzo Nicolosio Lomellini. Non mancano neppure gemme nascoste, custodite da secoli nell’ombra di esclusive collezioni private: è il caso dei dipinti di proprietà dei Pallavicino, nobile casato presente in città già nel XII secolo, che in occasione delle feste natalizie si svelano al pubblico solo per due giorni, nella cornice della sontuosa residenza della famiglia in Piazza delle Fontane Marose. Palazzo Pallavicino, Genova I Courtesy Fondazione PallavicinoDal 22 al 23 dicembre, la mostra Bernardo Strozzi a Palazzo Pallavicino ricostruisce il profilo e la storia dell’artista, nato a Genova nel 1581 per diventare uno dei più importanti protagonisti della pittura barocca in Italia, sotto l’influsso dei maestri fiamminghi del secolo d’oro, dell’urbinate Federico Barocci e dello stesso Caravaggio. Nelle raccolte del principe Domenico Antonio Pallavicino è rappresentato soprattutto lo Strozzi maturo che negli anni Trenta del Seicento, forte di una spiccata personalità artistica, realizza alcune delle sue tele più intense ispirandosi a Rubens e a Paolo Veronese. Si tratta di “dipinti abbaglianti, potentemente vitali, come organismi viventi che, talvolta, manifestano una grande capacità scenografica, come nel San Giuseppe spiega i sogni, e una resa realistica di grande efficacia, come nel volto del San Gerolamo in meditazione, o nel Ritratto di magistrato veneziano”, spiega Vittorio Sgarbi, curatore del progetto e direttore artistico della Fondazione Pallavicino. "È una festa per Genova - prosegue il critico d'arte - che arricchisce i suoi musei e i palazzi dei Rolli di una preziosa collezione pressoché sconosciuta e di leggendaria rinomanza". Alle tele dei Pallavicino l'allestimento aggiunge un dipinto di un'altra raccolta privata cittadina, l'insolito Gesù Bambino dormiente tra i simboli della Passione, dove la tenera umanità di un Dio Bambino si fa interprete di un messaggio in tema con l'atmosfera natalizia di questi giorni. Bernardo Strozzi a Palazzo Pallavicino I Courtesy Fondazione PallavicinoGioioso, libero, estremamente prolifico, a dispetto dei soprannomi con cui è noto - il Cappuccino o il Prete genovese, perché nel 1598 prese effettivamente i voti - nei suoi impeti virtuosistici Strozzi “rende euforica la pittura devozionale” e non di rado dà scandalo. Ancora a metà del XIX secolo, nella sua Guida artistica della città di Genova lo storico dell’arte Federico Alizeri bollerà la Madonna di Palazzo Rosso come “rappresentanza ignobile, sembiante e atti volgari”, a causa della posa rilassata della Vergine, del suo sguardo sfrontatamente rivolto verso lo spettatore e di un piede nudo che spunta sotto la veste scarlatta, poggiato con gesto noncurante sul cestino del cucito. La critica appare ancora più grave alla luce della firma “Presbyter Bernardus Strozzius”, in cui l’autore esplicita il suo status di prelato, e che trova ulteriori corrispondenze nelle accuse di pratica illegale della pittura, talvolta perfino su illeciti soggetti profani (come la celeberrima Cuoca conservata ai Musei di Strada Nuova), rivolte all’artista dal Tribunale Ecclesiastico nel 1625. Ma il Prete genovese piace ai signori del Seicento: ai Doria di Genova come al cardinale Federico Corner di Venezia e al doge Francesco Erizzo, che alla morte dei mecenati genovesi preparano la strada per la fortunata fuga di Strozzi in laguna. Bernardo Strozzi, San Lorenzo dispensa gli argenti ai poveri. Collezione Pallavicino, Genova I Courtesy Fondazione PallavicinoSe le critiche moralistiche mosse al Cappuccino ricordano quelle subite da Caravaggio, pur essendo molto diversi tra loro i due maestri seicenteschi presentano degli effettivi punti di tangenza anche sul piano pittorico. Non sappiamo se e dove Strozzi poté ammirare le tele del Merisi, certo è che l’influenza di Caravaggio si avverte in più di un’opera, anche nel percorso di Palazzo Pallavicino: nei forti contrasti luministici e nel fondo scuro su cui si stagliano le figure del San Lorenzo che dispensa gli argenti ai poveri o nel realismo e nell'intensità naturalistica del San Gerolamo in meditazione, autentico capolavoro del pittore genovese. Palazzo Pallavicino, Genova I Courtesy Fondazione Pallavicino]]></description>
<pubDate>Wed, 22 Dec 2021 16:17:11 +0100</pubDate>
<category>Arte</category>
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<title>Dalla National Gallery a San Benedetto Po: una pala di Veronese "ritorna" nella sua antica chiesa dopo 200 anni</title>
<link>http://www.arte.it/notizie/mondo/dalla-national-gallery-a-san-benedetto-po-una-pala-di-veronese-ritorna-nella-sua-antica-chiesa-dopo-200-anni-18973</link>
<description><![CDATA[<div><img src="http://www.arte.it/foto/1280x800/cc/124685-Veronese_Consecration_of_Saint_Nicholas.jpg" /></div>Nel 1797, dopo l’ultimo assedio di Mantova, la pala d'altare con la Consacrazione di San Nicola, capolavoro di Paolo Veronese, veniva prelevata dalla chiesa di San Benedetto in Polirone (San Benedetto Po), a sud di Mantova, per essere venduta su disposizione di Napoleone Bonaparte. Appena quattordici anni più tardi la stessa tela - acquistata dai governatori dell' Istituto britannico per la promozione delle belle arti nel Regno Unito - avrebbe sorvolato la Manica destinata ad adornare una "futura Galleria Nazionale". Quella Galleria, oggi National Gallery, non ha dimenticato il contesto originario del capolavoro presente in collezione, anzi, ha scelto di valorizzarlo ricostruendo, per la prima volta dopo 200 anni, la cappella per la quale la pala d'altare fu realizzata, regalando al pubblico una nuova esperienza di visita, in formato digitale. Ammirare la Pala di Veronese come 500 anni faA partire dal 7 marzo, fino al 3 aprile, gli ospiti della National Gallery, utilizzando le cuffie per la realtà virtuale, potranno ammirare il dipinto del Veronese come sarebbe stato visto da un visitatore del 1562 nella sua originale chiesa italiana, all'interno di uno dei più grandi e importanti monasteri benedettini d'Europa. Grazie a questa innovativa esperienza sarà possibile viaggiare nel tempo e nello spazio e, da Trafalgar Square, raggiungere San Benedetto Po, per ammirare il dipinto nella sua cappella d’origine ed esplorare gli affreschi e l'architettura che un tempo lo circondavano.La ricostruzione 3D della Cappella di San Nicola nella chiesa di San Benedetto Po, Mantova (Italia), creato da ScanLAB projects su commissione della National Gallery Un viaggio nel tempo con due guide d’eccezione Come compagni virtuali di questa esperienza i visitatori potranno scegliere tra due guide d'eccezione: la curatrice Rebecca Gill, che offrirà loro delucidazioni sulla pittura e sugli affreschi, o la figura storica dell'abate Asola, che svelerà agli ospiti la minaccia che in quel momento il monastero doveva affrontare. Fu lui a commissionare il dipinto al Veronese, incaricato il 27 dicembre 1561 di realizzare tre pale d'altare con soggetti della vita di San Nicola, Sant'Antonio Abate e San Girolamo. La trascrizione di un documento perduto che ne registra la commissione rivela che dovevano essere dipinti nei migliori colori disponibili, specificando il pagamento che l'artista doveva ricevere. Delle tre opere, La consacrazione di San Nicola è oggi conservata alla National Gallery, La Madonna con Bambino e san Girolamo è andata distrutta nel 1836 in un incendio, mentre il terzo dipinto, La Madonna con Bambino, sant'Antonio abate e san Paolo eremita si trova attualmente al Chrysler Museum of Art di Norfolk (Usa). Un momento dell'esperienza immersiva Virtual Veronese © Courtesy National GalleryIl risultato dovette essere notevole se Giorgio Vasari lodò non poco La Consacrazione nelle sue Vite. Il 30 marzo 1562 Veronese ricevette il pagamento finale per le pale d'altare. Da questo si desume che l’artista dovette iniziare prima che la commissione fosse formalmente registrata o che abbia lavorato a una velocità incredibile, impiegando solo tre mesi per i tre dipinti le cui cornici architettoniche originarie, forse disegnate da Giulio Romano, andarono perdute. Un vescovo venuto da lontano San Nicola visse nel IV secolo e fu vescovo di Myra,antica città ellenica, i cui resti si trovano oggi sulla costa meridionale dell'odierna Turchia. Le sue reliquie furono traslate a Bari nel 1087, dove ancora oggi riposano. Il dipinto di Veronese ne raffigura la consacrazione come vescovo. Alla vigilia dell'elezione di un nuovo vescovo a Myra, una voce rivelò che un giovane chiamato Nicola era stato scelto divinamente e sarebbe stato il primo ad apparire alla porta della cattedrale al mattino. Veronese ritrae proprio l'ingresso della cattedrale, dove il vescovo anziano consacra Nicola che si inginocchia affiancato da due sacerdoti più anziani. Un angelo discende reggendo una mitra, una stola e il pastorale, mostrando il prescelto. I turbanti indossati da due dei testimoni contestualizzano la storia in Asia Minore. Il verde brillante della veste di san Nicola crea un motivo di colore che, con il ripetuto rosa intenso, blu e bianco, attira lo sguardo dell’osservatore intorno alla composizione. Veronese accenna a una serie di dettagli e poi lascia che gli occhi dell’osservatore facciano il resto. I visitatori della National Gallery indosseranno le cuffie per vivere al meglio l'esperienza Virtual Veronese | Courtesy National Gallery, LondonCreando un modello 3D della cappella, "Virtual Veronese" è stato concepito come un progetto di ricerca e sviluppo che consente alla National Gallery di condividere la ricerca con un pubblico più ampio utilizzando tecnologie immersive per esplorare nuovi modi di raccontare le sue storie. Una musica di 500 anni fa L'esperienza digitale alla National Gallery sarà accompagnata da una registrazione del canto gregoriano, eseguita da Veneti Cantores. Il brano è tratto da un libro corale prodotto a San Benedetto Po negli anni Sessanta del Cinquecento e quindi contemporaneo alla pala d'altare di Veronese. L’architettura fa tappa alla National Gallery "Attraverso questo progetto - spiega Rebecca Gill - siamo in grado di portare l'architettura alla National Gallery e consentire ai nostri visitatori di esplorare da soli ciò che avrebbero potuto vedere accanto al dipinto di Veronese circa 500 anni fa”. L’esperienza immersiva, adatta ai visitatori di età superiore ai tredici anni, è stata sviluppata e prodotta da Focal Point VR, supportata da Howard e Roberta Ahmanson, e commissionata dalla National Gallery e StoryFutures. La mostra immersiva, a ingresso gratuito, sarà disponibile per i visitatori che avranno prenotato i biglietti per l'ingresso alla Galleria e per le altre mostre alla National Gallery. Paolo Veronese, La Consacrazione di San Nicola, 1562, Olio su tela, 175.3 x 286.5 cm, Londra, National Gallery | Courtesy National Gallery Leggi anche:• Nel regno della danza. Alla National Gallery un inedito Poussin]]></description>
<pubDate>Tue, 21 Dec 2021 18:49:01 +0100</pubDate>
<category>Arte</category>
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<title>Il Natale a colori della Galleria Continua, da Boetti a Pistoletto</title>
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<description><![CDATA[<div><img src="http://www.arte.it/foto/1280x800/81/124657-Di_tutti_i_colori_-_Galleria_Continua_-_16-12_ph_Monkeys_Video_Lab_1.jpg" /></div>Ci sono i cristalli soffiati a forma di moschea, realizzati nel 2020 in collaborazione con gli artigiani di San Gimignano, dove l’artista egiziano Moataz Nasr fa brillare i colori dell’arcobaleno, con il cubo emblema del corpo, l’ottagono simbolo dell’anima e la semisfera a ricordare l’infinito. E c’è il colore denso, materico che il cubano José Yaque stende con le mani sulla tela orchestrando una sorta di danza. Ricorda le onde di Loris Cecchini in resina e fibra di nylon su alluminio, nella sala accanto, che catturano lo sguardo in una luminosa superficie in polvere di velluto. Le scelte cromatiche dell’arte contemporanea racchiuse nelle ricerche sulla policromia svolte dagli artisti di tutto il mondo esplodono nella sede romana della Galleria Continua, protagoniste di una mostra accolta fino al 12 febbraio negli spazi dell’Hotel St. Regis.Moataz Nasr, Come to Light, 2019, cristallo 45 x 30 x 30 cm | Foto: © Monkeys Video Lab | Courtesy Galleria ContinuaDi tutti i colori - questo il titolo della collettiva - celebra il tema del colore in omaggio al testo scritto da Alberto Boatto nel 2008, Di tutti i colori. Da Matisse a Boetti, le scelte cromatiche dell’arte moderna. Questo viaggio attraverso un variopinto campionario di tinte dell’arte moderna e contemporanea rilegge il lavoro dei maestri delle avanguardie e, partendo dalle loro particolari predilezioni cromatiche, svela il connubio tra tecnica e poetica. Nelle tre sale che ospitano i lavori di tredici artisti a confronto con concetti pittorici quali la materialità, la corporeità e la superficie, il colore diventa ora uno strumento per esplorare la diversità tra culture, ora per tessere una narrazione incentrata su tematiche sociali, politiche e culturali, e ancora un mezzo per giocare con le forme dando profondità alle immagini poetiche che popolano gli universi creativi degli artisti. Come la splendida serie di acquerelli (che chiude la prima sala) Stories in Colour, dove l’artista bulgaro Nedko Solakov utilizza il colore come mezzo per dare profondità alle immagini di luoghi e personaggi - lune, meduse, castelli incantati - che attraversano le sue favole. Rapisce la particolarità di queste voci, caratterizzate dai diversi interessi per i processi fisici della pittura, accomunate dal lavoro quasi processuale sulla superficie del quadro o dell’oggetto. Nedko Solakov, Stories in Colour, 2016, acquerello, inchiostro bianco e nero su carta, 28 x 19 cm | Foto: © Monkeys Video Lab | Courtesy l'artista e Galleria ContinuaGli artisti selezionati si concentrano sul colore e sul pigmento concepiti come elementi materiali e contenutistici che arricchiscono e completano la superficie pittorica, espandendola a volte nel piano tridimensionale. Un emblematico ricamo di Alighiero Boetti apre il percorso. Giocando con le lingue, l’artista muta il colore delle lettere latine da una casella all’altra, mentre la scrittura orientale cambia gradazione quando si passa da una striscia orizzontale alla successiva. L’arazzo del 1989 del maestro italiano lascia il posto alla serie di lavori ricamati dell’artista contemporaneo camerunense Pascale Marthine Tayou da sempre attratto dai materiali e dai loro significati. Nella stessa sala, a fare da contraltare alla delicatezza di queste opere artigianali, i colori industriali dei celebri specchi (in frantumi) che inneggiano alla parola “Rispetto”, con cui Michelangelo Pistoletto si fa interprete di una ricerca in continua evoluzione aperta al dialogo e allo scambio. Zhanna Kadyrova, Diamond, 2014, piastrelle, schiuma, cemento 35 x 40 x 40 cm | Foto: © Monkeys Video Lab | Courtesy l'artista e Galleria ContinuaLa scultura di Anish Kapoor è invece una sorta di grande goccia perfettamente levigata rosso sangue, colore che l’artista definisce contraddittorio, simbolo di violenza e di fragilità al tempo stesso. Nella seconda sala l’artista francese Daniel Buren ricorre al colore per giocare con le forme. In A Frame in a Frame in a Frame, N° 39 Red – Aka, strisce di rosso vivo e bianco su lastre di vetro incorniciate compongono una forma geometrica frammentata. Se attraverso il suo enorme Diamante blu notte l’artista ucraina Zhanna Kadyrova sceglie di trasformare la piastrella da materiale povero di uso quotidiano, testimone delle trasformazioni globali del XX secolo, in oggetto prezioso, aprendo a una riflessione critica sull'era post-sovietica, la pratica artistica di Marinella Senatore punta alla dimensione partecipativa. La narrazione di Can One Lead A Good Life In A Bad Life?, 2020 diventa un racconto incentrato su tematiche sociali, politiche e culturali attraverso una serie di colorati collage fotografici. Nell'opera senza titolo di Jannis Kounellis del 2011, da collezione privata, esplode il cortocircuito tra i colori giocosi delle palle da biliardo e il Cristo crocifisso. Pascale Marthine Tayou, Empty Gift, 2013, pacchi vuoti, motore diametro 3 m 2013 | Foto: © Monkeys Video Lab | Courtesy ADAGP, ParisRitroviamo Pascale Marthine Tayou negli spazi comuni dell'Hotel St. Regis con il suo coloratissimo Empty Gift (2013-2014), un’installazione tutta dedicata alle festività. Una sfera gigante ricoperta di pacchi vuoti enfatizza il gesto che celebra lo spirito del dono, più che puntare alla materialità dell'offerta. Le opere esposte, un’esplosione di colore in movimento, sono nella loro totalità un invito all’interazione con l’arte per gli ospiti, i viaggiatori, i cittadini romani, in un gioco di rimandi tra esterno e interno, pubblico e privato. Nata in occasione dello svelamento dell’hotel, completamente rinnovato a novembre 2018, la forte collaborazione e amicizia tra Galleria Continua e il St. Regis Rome continua a evolversi e a stimolare il dialogo intorno all’arte e alle sue voci internazionali. La mostra si può visitare fino al 12 febbraio 2022 dal martedì al sabato dalle 11 alle 19. Nel rispetto delle misure sanitarie si consiglia la prenotazione della visita scrivendo a [email protected].]]></description>
<pubDate>Tue, 21 Dec 2021 12:44:01 +0100</pubDate>
<category>Arte</category>
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<link>http://www.arte.it/notizie/italia/natale-in-tv-con-raffaello-e-botticelli-18969</link>
<description><![CDATA[<div><img src="http://www.arte.it/foto/1280x800/df/100329-Raffaello_Madonna_Sistina_Dettaglio.jpg" /></div>Raffaello, Leonardo, Botticelli, Vermeer sono pronti a scaldare il Natale 2021 con nuove storie d’arte da scoprire. Ma non sono soli: accanto a loro, protagonisti del contemporaneo come Maurizio Cattelan, icone dell’immaginario come Banksy e Frida Kahlo, maestri del moderno come Giacomo Balla. Tra prime visioni e attesi ritorni, ecco gli appuntamenti da non perdere nei primi sette giorni di festa.  Da Maurizio Cattelan ai grandi del Rinascimento, le proposte di Sky ArteSu Sky Arte HD la settimana inizia nel segno delle novità con un’esperienza immersiva in prima tv all’interno del progetto Fragile. Maurizio Cattelan nella mostra in corso al Pirelli Hangar Bicocca di Milano (lunedì 20 dicembre alle 21.15, replica martedì 21 alle 14.05). Martedì 21, invece, la serie Il mio nome è leggenda prosegue nella sua esplorazione dei personaggi più popolari nell’immaginario della nostra epoca: questa volta tocca a Pippi Calzelunghe che, come racconta Matilda De Angelis, nasce da una storia vera (21.15). A Frida Kahlo (Chez Frida Kahlo) I Courtesy Sky ArteDue artisti molto amati in questi anni sono al centro del pomeriggio di mercoledì: tra burrasche amorose e avventure artistiche, A Frida Kahlo di X. Villetard ci trasporta a Casa Azul, la leggendaria dimora della pittrice messicana (16.10), mentre il documentario Banksy Most Wanted indaga sul celebre writer senza volto, restituendone un ritratto dettagliato (17.10).Venerdì 24 entriamo ufficialmente nel clima delle feste: in tempo per la cena della Vigilia, il programma di Carlo Lucarelli In compagnia del lupo è infatti pronto a svelare in prima tv Il lato oscuro di Babbo Natale (20.40). E la sera di Natale spazio a Raffaello, il maestro della dolcezza e della serenità. Arriva direttamente dalle sale cinematografiche il docufilm Raffaello. Il giovane prodigio (sabato 25 dicembre alle 21.15), che ha incuriosito il pubblico con un ricco excursus dedicato ai rapporti dell’artista con il mondo femminile. A seguire, La Madonna Sistina di Raffaello. Il capolavoro ritrovato ripercorrerà la storia avventurosa di un’opera contesa, sopravvissuta a guerre e regimi, più volte nascosta e recuperata, che da cinque secoli regala all’umanità un messaggio di pace e bellezza. Le dame con l'ermellino, in programma su Sky Arte HD domenica 26 dicembre Il palinsesto di Santo Stefano non è da meno: in prima serata il documentario Le dame con l’ermellino indaga sulla protagonista di uno dei più celebri dipinti di Leonardo da Vinci (21.15), per poi volare nell’Olanda del Secolo d’Oro con il ritorno di uno dei film più amati degli anni Duemila, La ragazza con l’orecchino di perla (22.30). E al pittore della luce è dedicato anche il Natale di Sky Cinema Due: in onda all’ora di pranzo (12.40), L’ultimo Vermeer vede un ex ufficiale dell’esercito olandese gettarsi sulle orme di un artista accusato di aver venduto ai nazisti un capolavoro del maestro.  In viaggio con Rai 5, da Sandro Botticelli a Giacomo BallaTre serie tv animeranno la settimana di Natale sulla rete Rai dedicata alla cultura. Art Rider seguirà le esplorazioni dell’archeologo on the road Andrea Angelucci in un’Italia piena di tesori da svelare. Questa settimana si viaggia dalle antiche repubbliche marinare di Ardea e Gaeta, sulle coste tirreniche, ai luoghi cari a Umberto Eco nel Nome della Rosa in Piemonte, fino alle vette del Trentino e alle colline della Valpolicella, passando per Bassano del Grappa. Il Trans Europe Express del giornalista britannico Michael Portillo, invece, percorre il vecchio continente in lungo e in largo sulle tracce di storie antiche e recenti. Tra le tappe dei prossimi episodi, Austria, Ungheria e Repubblica Ceca, per riscoprire le atmosfere dell’Impero Austroungarico e rivivere i processi che hanno portato alla caduta dei regimi comunisti, ma anche la Sicilia, dalla Valle dei Templi di Agrigento alle memorie del Futurismo a Palermo. Con Civilisation. L’arte nel tempo indagheremo infine il ruolo dell’arte e dell’immaginazione creativa nello sviluppo dell’umanità. Un frame da Balla. Il signore della luce, Il docufilm di 52' prodotto da ARTE.it Originals e realizzato con la collaborazione di Rai Cultura, Regia di Franco Rado, Autori Eleonora Zamparutti e Piero Muscarà | © ARTE.it 2021In onda mercoledì 22 dicembre e la mattina di Natale, il docufilm Balla. Il signore della luce racconta l’avventura di uno dei massimi esponenti del Futurismo, protagonista della scena artistica d’avanguardia prima, durante e dopo il fascismo. La recente scoperta a Roma dei dipinti murali che Balla aveva realizzato per il Bal Tik-tak - il cabaret che animava le notti della capitale all’inizio degli anni Venti - si aggiunge al prossimo disvelamento dell’archivio privato dell’artista, rinvenuto nell’abitazione romana di via Oslavia, da poco restaurata. Eppure alcune zone d’ombra oscurano la vicenda umana e artistica di Balla, definito di volta in volta “fascista”, “provinciale”, “traditore”.Complesso e per certi aspetti impenetrabile, questo artista dalla creatività poliedrica è stato a lungo vittima di un marchio di infamia. Oggi nuovi studi gli restituiscono un ruolo di primo piano nel panorama internazionale dell’arte, al punto da riconoscervi il “Leonardo da Vinci del XX secolo”, come lui stesso amava definirsi. I primi auguri di Natale, infine, per gli spettatori di Rai 5 arriveranno di buon mattino da uno dei maestri più amati del Rinascimento: venerdì 24 e sabato 25 dicembre alle 8 sarà Sandro Botticelli, protagonista del documentario La bellezza eterna, a dare il buongiorno agli italiani con uno speciale viaggio nell’arte e nella grazia. Botticelli. La bellezza eterna, in programma su Rai 5 il 24 e il 25 dicembre]]></description>
<pubDate>Mon, 20 Dec 2021 21:01:15 +0100</pubDate>
<category>Arte</category>
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<title>Surrealismo e magia: l'incanto del Moderno presto in mostra a Venezia</title>
<link>http://www.arte.it/notizie/venezia/surrealismo-e-magia-l-incanto-del-moderno-presto-in-mostra-a-venezia-18967</link>
<description><![CDATA[<div><img src="http://www.arte.it/foto/1280x800/20/109281-ve.jpg" /></div>Sogno e magia: un binomio vincente fin dagli albori dell’umanità, che nemmeno la scienza psicanalitica è riuscita a districare del tutto. Lo sapevano bene i surrealisti che, a qualche lustro dall’avventura di Freud nel regno dell’inconscio, si inoltravano a loro volta nei territori oscuri dell’irrazionale, questa volta con gli strumenti dell’arte. Per poeti, pittori e scultori del primo Novecento il confine tra mondo onirico ed esoterico è piuttosto labile: come alchimisti, rabdomanti o sciamani si aggirano nelle lande più recondite della propria psiche, portando alla luce con metodi mai visti prima immagini archetipiche ed emozioni sopite, associazioni visionarie, tabù sociali e personali. Nasce di qui Surrealismo e magia. La modernità incantata, la grande mostra che dal prossimo 9 aprile riunirà presso la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia capolavori surrealisti provenienti da 40 musei e raccolte private internazionali come il Centre Pompidou di Parigi, il Museo Reina Sofia di Madrid, il Metropolitan Museum e il Solomon R. Guggenheim Museum di New York, l’Art Institute di Chicago, il Museo di Rivoli a Torino, l’Israel Museum di Gerusalemme. Realizzata in collaborazione con il Museum Barberini di Potsdam, dopo il debutto in laguna l’esposizione si trasferirà alle porte di Berlino, nel museo sorto nel 2017 sulle macerie dell’edificio settecentesco che Federico il Grande di Prussia fece costruire prendendo a modello il romano Palazzo Barberini.  Victor Brauner, The Surrealist, 1947. Oil on canvas, 60 x 45 cm. Peggy Guggenheim Collection, Venice (Solomon R. Guggenheim Foundation, New York) I © Victor Brauner, by SIAE 2021Fino al 26 settembre, la mostra veneziana svelerà al pubblico circa 60 opere create tra il 1915 - anno di nascita della pittura metafisica di Giorgio De Chirico - e gli anni Quaranta, con Leonora Carrington e Remedios Varo ancora intente a sondare le galassie dell’occulto. Al centro del progetto curato da Gražina Subelytė c’è quell’interesse diffuso per l’irrazionale, il mito, l’esoterismo, che spinge gli artisti dell’avanguardia a considerare “la magia  come una forma di discorso poetico e filosofico, legato a un sapere arcano e a processi di emancipazione personale”.Leonora Carrington, The Pleasures of Dagobert, 1945. Egg Tempera on Masonite, 74.9 x 86.7 cm. Private Collection I © Leonora Carrington, by SIAE 2021Se l’immagine icona della mostra è la celebre Vestizione della sposa di Max Ernst (1940), di casa proprio a Palazzo Venier dei Leoni, l’intero allestimento si preannuncia ricco di stimoli e opere da osservare con attenzione. Tra i circa 20 artisti inclusi nel percorso, spiccano - oltre a quelli già citati - i nomi di René Magritte, Salvador Dalì, Yves Tanguy, Paul Delvaux, Victor Brauner, Leonor Fini, Roberto Matta, Dorothea Tanning. Il tutto mentre Venezia si prepara  alla 22° Biennale d'Arte dal titolo Il latte dei sogni, in omaggio alla pittrice surrealista Leonora Carrington. Dorothea Tanning, The Magic Flower Game, 1941. Oil on canvas, 91.5 x 43.5 cm. Private Collection, South Dakota I © Dorothea Tanning, by SIAE 2021Leggi anche:• Nell'universo onirico di Leonora Carrington, la musa surrealista della Biennale 2022• L'impero della luce, un ossimoro firmato Magritte - Il dipinto raccontato da Carole Vail, direttore della Peggy Guggenheim Collection]]></description>
<pubDate>Mon, 20 Dec 2021 17:13:21 +0100</pubDate>
<category>Arte</category>
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<title>Canova tra innocenza e peccato. Al Mart un dialogo con i grandi fotografi del XX secolo</title>
<link>http://www.arte.it/canova/-18965</link>
<description><![CDATA[<div><img src="http://www.arte.it/foto/1280x800/a8/124575-02_Antonio_Canova_Ninfa_dormiente_1820_Museo_Gypsotheca_Antonio_Canova_Possagno_TV_.jpg" /></div>Una schiera di ninfe, danzatrici, veneri italiche sfila accanto ai corpi generosi di Irving Penn, ai nudi statuari di Robert Mapplethorpe, ai Big Nudes di Helmut Newton, tracciando un percorso animato dal tumulto dei sensi, in un continuo gioco di rimandi tra peccato e innocenza.Su tutto un Canova vivo, che parla al pubblico di oggi attraverso il linguaggio universale del corpo. Nella piazza del Mart la Psiche tatuata dello scultore Fabio Viale - che da alcuni anni sovverte i capolavori dei maestri classici - dà il benvenuto ai visitatori in un viaggio tra sensualità e bellezza, da Antonio Canova a Robert Mapplethorpe. A tessere i fili del percorso Canova tra innocenza e peccato, in mostra fino al 18 aprile al Mart, sono i due ossimori che accomunano il canone del genio di Possagno all’opera di scultori e fotografi contemporanei. Prendono così il via a Rovereto le celebrazioni nazionali per il bicentenario della morte del massimo esponente del Neoclassicismo italiano che ha incarnato con la sua opera l’ideale di una bellezza eterna, fondata su principi di armonia, misura, equilibrio.Fabio Viale, Amore e Psiche, 2021, Courtesy l'artistaUn percorso denso di suggestioni, nato da un’idea di Vittorio Sgarbi, a cura di Beatrice Avanzi e Denis Isaia, indaga attraverso 200 opere come la ricerca di Canova, ricca di rimandi al passato, abbia influenzato i linguaggi contemporanei aprendosi al futuro e lasciando in eredità un ideale estetico che continua a vivere fino a oggi. In un allestimento dominato dal bianco e dal nero, in una continua oscillazione tra opposte polarità, in un dialogo continuamente rinnovato tra ordine e disordine, integrità e disfacimento, classicismo e contemporaneità, il vero protagonista è il corpo. Perfetto e divino quello che sublima i soggetti di Canova, cui sembrano guardare alcuni scultori del nostro tempo e i fotografi che hanno saputo idealizzarlo esaltandone le forme statuarie, imperfetto, ma non meno espressivo, quello descritto dagli artisti che hanno negato o “tradito” il maestro di Possagno, facendosi promotori di una bellezza anti-canonica e “anti-canoviana” che contempla e contiene il suo contrario. Un andamento sinoidale abbraccia le cinque sezioni nelle quali le opere dello scultore di Possagno dialogano con gli artisti contemporanei, con quei fotografi che hanno scolpito il corpo con la luce, come Canova ha fatto nel marmo.  Antonio Canova, Amore e Psiche stanti, 1800, Museo Gypsotheca Antonio Canova, Possagno (TV) | Courtesy MartIl fulcro è rappresentato da 14 capolavori provenienti dal Museo Gypsotheca Antonio Canova di Possagno, in particolare tre marmi, tre tempere e otto tra le più famose sculture al mondo in gesso come Amore e Psiche, la Ninfa dormiente, Endimione dormiente, Le Grazie, Venere italica, la Maddalena penitente, Creugante e il Ritratto di Francesco I d’Austria. Amore e psiche dà il benvenuto ai visitatori del Mart in due versioni, classica e contemporanea. La versione contemporanea dello scultore Fabio Viale - nella quale la levigata superficie del corpo classico viene intaccata dalla bruciatura o dal tatuaggio - lascia il posto ad Amore e Psiche stanti, il gesso che Canova realizzò nel 1800 e che sorprende il visitatore dietro lo scenografico portale d’accesso alla mostra. Il cuore del percorso pulsa attraverso i suggestivi dialoghi tra Canova e i più grandi fotografi di nudo del Novecento, un’autentica indagine condotta in epoche e con mezzi diversi, sulla perfezione della tecnica e della forma, colta e sublimata attraverso il corpo umano.Helmut Newton, Big Nude I, Paris, 1980, Copyright Helmut Newton Foundation | Courtesy Mart Cinque dei celebri Big Nude di Helmut Newton incontrano gli otto capolavori di Robert Mapplethorpe e ancora i lavori Irving Penn, mentre, nelle sale successive fanno da controcanto i fotografi che hanno perseguito ricerche di segno opposto, come Miroslav Tichý che, nella Repubblica Ceca degli anni Sessanta, ha colto, talvolta di nascosto, la verità di corpi femminili imperfetti attraverso una rudimentale macchina fotografica fatta di cartone, cemento e tappi di bottiglia. O come Jan Saudek e Joel-Peter Witkin che hanno messo in scena il corpo nei suoi aspetti più grotteschi. Dai fratelli Alinari ad Aurelio Amendola, da Massimo Listri a Luigi Spina, non mancano quei professionisti dello scatto che hanno prestato il loro obiettivo alla documentazione e all’interpretazione dell’arte di Canova, tramandandone la visione ideale. Se Marton ravviva l’opacità dei gessi con particolari effetti di luce, Spina coglie piuttosto la fragilità del materiale, evidenziandone le imperfezioni e scegliendo inquadrature inconsuete che enfatizzano l’instabilità delle forme. Il nucleo di fotografie di Dino Pedriali accoglie invece due celebri sculture appartenenti alle collezioni del Mart: una testa di Adolfo Wildt del 1925 e l’Intervallo di Giulio Paolini del 1985 e cinque scatti della serie Ferite di Mustafa Sabbagh con i modelli originali delle sculture di Canova a Possagno danneggiati durante i bombardamenti del 1917.Robert Mapplethorpe, Embrace, 1982, Robert Mapplethorpe Foundation. Used by permission | Courtesy Mart “In mostra - spiega Vittorio Sgarbi - ci sono delle opere del Torretto, maestro di Canova. Da questi bozzetti si capisce che ci sono due Canova: un Canova pieno di una forza originale, che plasma la terra facendola diventare terracotta, e il Canova dei gessi e dei marmi, che invece leviga e chiude. Da questo capiamo come già nello scultore fosse presente una spinta di opposti tra innocenza e peccato”. Dopo Raffaello, Botticelli, Caravaggio, l'esposizione riprende quel filone di mostre dedicato al dialogo tra antico e contemporaneo che il presidente Vittorio Sgarbi ha creato per il Mart al fine di generare cortocircuiti e aprire nuovi percorsi interpretativi. La mostra si può visitare dal martedì alla domenica dalle 10 alle 18, venerdì dalle 10 alle 21. Leggi anche:• Depero, creativo a tutto tondo, in mostra al Mart• Al Mart Picasso, de Chirico, Dalì dialogano con Raffaello]]></description>
<pubDate>Fri, 17 Dec 2021 18:57:32 +0100</pubDate>
<category>Arte</category>
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<title>Velázquez sotto le lente. Tutti i segreti del &lt;i&gt; Pranzo, &lt;/i&gt; per la prima volta in Italia</title>
<link>http://www.arte.it/notizie/italia/velázquez-sotto-le-lente-tutti-i-segreti-del-i-pranzo-i-per-la-prima-volta-in-italia-18963</link>
<description><![CDATA[<div><img src="http://www.arte.it/foto/1280x800/c9/123669-Velazquez.jpg" /></div>Stretti intorno al tavolo di una taverna - una sorta di anticamera della rivendita del vino - tre bizzarre figure condividono un pasto poverissimo. La tovaglia bianca che ricopre il tavolo crea uno schermo luminoso che accende i volti dei protagonisti facendo da contrasto all’oscurità tutt’intorno. Lo spettatore è invitato a entrare nella scena unendosi ai tre. Il più vecchio, sulla sinistra, con una sorta di radice tra le mani, fissa il vuoto. Accanto a lui, il più giovane punta gli occhi verso lo spettatore, brandendo una bottiglia di vino bianco mentre un ghigno gli attraversa il viso. Il giovane alla sua destra, rivolto nella stessa direzione, alza un pollice con un’aria po’ sciocca. Il suo gesto sembra chiamare in causa una formula tipica del teatro comico, ossia “mostro colui che sta al mio fianco”, a indicare il bambino accanto che è del tutto ignaro dell’atteggiamento del giovane vestito di giallo intento a beffarsi di lui con la complicità dello spettatore. Attribuito nel 1773 a un anonimo artista di scuola fiamminga e restituito a Velázquez nel 1895 da Wilhelm von Bode, Il Pranzo appartiene al genere delle bodegónes, sviluppatosi in pittura a partire dall’inizio del XVII secolo a definire le anticamere delle rivendite di vino, dove coloro che non possedevano una cucina potevano trovare un pasto frugale.Velázquez per Ceruti, Allestimento della mostra alla Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia | Foto: © adicorbetta L’opera, per la prima volta in Italia, sarà a Brescia fino al 27 febbraio in occasione della mostra Velázquez per Ceruti a cura di Guillaume Kientz, direttore di Hispanic Society Museum & Library di New York, già responsabile delle collezioni di arte e scultura spagnola, portoghese e latino-americana al Museo del Louvre di Parigi. Il progetto vuole essere un’anteprima della grande mostra che la Fondazione Brescia Musei dedicherà a Giacomo Ceruti nel 2023, a sottolineare la qualità del Pitocchetto, altissimo interprete della pittura di realtà, all’interno della pittura europea. “L’olio su tela - scrive Kientz nella scheda dell’opera - è generalmente considerato una delle prime opere del maestro, eseguita dopo la composizione dei Tre musicisti (Berlino, Gemäldegalerie) ma prima della Vecchia che frigge le uova (Edimburgo, National Gallery of Scotland), datata 1618”.Diego Velázquez, Dettaglio, Il Pranzo, 1616-1617, Olio su tela, 108.5 x 102 cm, San Pietroburgo, Museo Ermitage | Foto: © Vladimir Terebenin | Courtesy Museo statale dell'Ermitage, 2021 Velázquez e la piramide Il pittore racchiude l’intera scena all’interno di una rigorosa piramide, il cui vertice è rappresentato dal cappello e da un collare appesi al muro a comporre il vertice di un triangolo, mentre la parte anteriore del tavolo ne costituisce la base. Il bianco ripetuto dei colletti enfatizza questa costruzione. Le braccia destre dei due uomini più giovani sembrano riflettersi l’una all’altra, mentre il coltello in primo piano richiama l’inclinazione della figura dell’uomo con la barba. Perché la figura vicina allo spettatore è vestita di giallo? La figura più vicina allo spettatore è vestita di un giallo ocra zafferano, dettaglio che rende la sua sagoma più luminosa. A questa Velázquez affida il compito di accrescere il rilievo, la forza plastica e la profondità della composizione.Diego Velázquez, Dettaglio, Il Pranzo, 1616-1617, Olio su tela, 108.5 x 102 cm, San Pietroburgo, Museo Ermitage | Foto: © Vladimir Terebenin | Courtesy Museo statale dell'Ermitage, 2021 Il Pranzo e la Cena in Emmaus “Alfonso Emilio Pérez Sánchez - spiega Guillaume Kientz - vide nella formula la possibile influenza della Cena in Emmaus incisa da Johannes Sadeler I a partire dalla composizione di Pietro Candido. È probabile che, sia tematicamente che formalmente, queste scene di taverna si riferiscano alla locanda nella quale i due discepoli riconobbero Cristo. Raccontando questo miracolo, la Chiesa ha voluto significare la presenza del Salvatore tra gli umili. D’altro canto, nei suoi Diálogos del nobilisimo arte de la Pintura, Jusepe Martínez paragona la Cena in Emmaus a un bodegón. L’atteggiamento grottesco dei personaggi, uno rugoso, con gli occhi persi nel vuoto, l’altro sgradevole e ghignante, il terzo sciocco e beffardo, è però l’antitesi della sacra umiltà del racconto biblico. Le figure sono piuttosto un “anti-Emmaus”, una condanna morale non della povertà, ma delle degenerazioni che essa può causare. In questo contesto, le tre età rappresentate potrebbero suonare come un avvertimento contro la perdizione: il ragazzo che regge il vino è in procinto di imboccare una cattiva strada, presto seduto alla tavola del vizio (le melagrane sul tavolo potrebbero rappresentare un simbolo sessuale) e ridotto qualche anno dopo alla pietosa condizione di un mangiatore di ravanelli”. A chi era rivolta l’opera? Secondo Guillaume Kientz, curatore dell’inedito confronto tra Velázquez e Ceruti, ospitato a Brescia dalla Pinacoteca Tosio Martinengo, questa pintura de risa (pittura ridicola) non era destinata agli emarginati ritratti al centro della tela, ma doveva servire da monito alle classi agiate. Il Pranzo rappresenta anche anche una controparte pittorica del romanzo picaresco, un genere letterario nato nella Spagna del XVI e XVII secolo e che si focalizza sulle avventure burlesche dei vagabondi. Diego Velázquez, Dettaglio, Il Pranzo, 1616-1617, Olio su tela, 108.5 x 102 cm, San Pietroburgo, Museo Ermitage | Foto: © Vladimir Terebenin | Courtesy Museo statale dell'Ermitage, 2021Qual è il significato della spada nel muro? La presenza, nel riquadro in alto a destra, nel dipinto dell’Ermitage di una spada sul muro, un’insegna aristocratica, potrebbe anche essere un richiamo alla condizione dei poveri hidalgos. Questi nobili squattrinati si rifiutavano di lavorare pena il diventare plebei, e quindi costituire un riferimento al componimento poetico Il cavaliere alla locanda di Francisco de Quevedo. Il Pranzo e le cinque copie Del Pranzo di Velázquez si contano cinque prime copie non autografe che si sommano a un certo numero di varianti. La migliore tra quelle sopravvissute è conservata nel museo di Budapest. A fare tuttavia la differenza, rispetto alla composizione di San Pietroburgo, è il ragazzo con la bottiglia, sostituito da una ragazza che mesce il vino. In più il vecchio con la barba e il giovane adottano posizioni leggermente diverse da quelle nel quadro russo. Il secondo è rigorosamente di profilo, in una formula che replica quella di un’altra opera di Velázquez all’Ermitage. Il suo aspetto finito, lontano dall’immediatezza abituale dello schizzo, ci invita a vederlo, più che come uno studio, come un prototipo destinato alla bottega, che permette a chi vi lavora di replicare e incrociare le invenzioni del maestro. Questa impressione scaturisce dalla molteplicità delle varianti esistenti. Una Testa di giovane donna nel museo Lázaro Galdiano di Madrid potrebbe aver avuto la stessa funzione. La sua fisionomia è vicina a quella della Santa Rufina di Pacheco (collezione privata), o della cuoca di Cristo in casa di Marta e Maria (Londra, National Gallery). Diego Velázquez, Il pranzo degli agricoltori, 1618, Olio su tela, 112 x 96 cm, Budapest, Museo di belle artiDa Velázquez a Ceruti Il successo delle invenzioni di Velázquez risponde anche a una crescente domanda di figure “picaresche”, in Spagna come in tutta Europa. Una generazione più tardi e in un contesto di crisi sociale e di riforma degli ordini mendicanti, sarà Murillo, a Siviglia, a moltiplicare le scene di strada e le rappresentazioni dei poveri, aggiungendo alla tradizione spagnola sublimata da Velázquez i contributi dell'Italia settentrionale e delle Fiandre. E da Velázquez prenderà le mosse, un secolo più tardi, Giacomo Ceruti, altissimo interprete della pittura di realtà, con i suoi quadri che accolgono la vita degli umili e la predilezione per le scene di vita popolare, che gli valse nel Novecento il soprannome di Pitocchetto. Nel XVIII secolo, tra Italia e Spagna, la ricerca di Giacomo Ceruti troverà a sua volta un’eco nel genovese Francesco Sasso, attivo alla corte di Madrid, dove si costruì una reputazione nell’ambito della pittura “pauperista” alla quale, al pari di Ceruti, aggiunse una nota decorativa e affascinante in linea con lo spirito del tempo.Giacomo Ceruti detto il Pitocchetto, Due pitocchi, 1730-1734 circa, Olio su tela, 173 x 135 cm | Courtesy Pinacoteca Tosio Martinengo, Brescia Leggi anche:• Alla Pinacoteca Tosio Martinengo un Velázquez mai visto dialoga con Giacomo Ceruti• Brescia capitale culturale. La città "dirompente" tra identità e partecipazione• Il senso del nuovo. Brescia riscopre Lattanzio Gambara]]></description>
<pubDate>Fri, 17 Dec 2021 10:03:04 +0100</pubDate>
<category>Arte</category>
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<title>Cinema o fotografia? I mostra i 100 anni di Ruth Orkin</title>
<link>http://www.arte.it/notizie/vicenza/cinema-o-fotografia-i-mostra-i-100-anni-di-ruth-orkin-18961</link>
<description><![CDATA[<div><img src="http://www.arte.it/foto/1280x800/18/124519-1_-American-Girl-in-Italy_.jpg" /></div>Il suo sogno era diventare una regista, ma a quei tempi per le donne la strada verso la macchina da presa era sbarrata. La fotografia l’avrebbe ricompensata di ogni rinuncia, facendo del suo obiettivo una leggenda. Testimonianze della viscerale passione per il cinema saranno i suoi personalissimi ritratti di star come Lauren Bacall, Orson Welles, Marlon Brando, Woody Allen, ma anche l’abitudine di scattare immagini in sequenza, per guardare la vita come un film.  A 100 anni dalla nascita, il 18 dicembre Ruth Orkin approda in Italia per una grande mostra, forte degli omaggi riscossi di recente a New York e Toronto. Dopo i Musei Civici di Bassano del Grappa, unica tappa nel Belpaese, la reporter americana partirà per un tour in Europa iniziando da San Sebastian in Spagna e Cascais, in Portogallo. “Sono molto lieta di presentare l’opera di questa protagonista della fotografia del Novecento”, dice con entusiasmo la direttrice dei musei bassanesi Barbara Guidi: “La sua capacità di fondere assieme, in un’alchimia perfetta e misteriosa, la forza coinvolgente del racconto e la freschezza dell’attimo catturato al volo, fa di lei una delle artiste tra le più affascinanti del secolo scorso”.Ruth Orkin, Boys on suitcase, New York, 1948 I Ruth Orkin Photo ArchiveFiglia dell’attrice del muto Mary Ruby, la Orkin cresce a Hollywood e a dieci anni riceve in regalo la sua prima macchina fotografica, una Univex costata appena 39 centesimi di dollaro. La porterà con sé sette anni dopo, quando partirà in bici da Los Angeles alla volta dell’Expo di New York. In seguito lavorerà per testate come Life, Look, Ladies’ Home Journal, fotografando personaggi famosi - da Robert Capa ad Albert Einstein, da Leonard Bernstein ad Alfred Hitchcock - ma soprattutto rendendo straordinario il quotidiano.  Può essere letta così la sua serie più nota (American Girl in Italy, 1951), da non perdere lungo il percorso della mostra. Qui le atmosfere dei film anni Cinquanta, a partire da Vacanze romane, permeano l’avventura della giovane Nina Lee Craig nella Firenze del dopoguerra, che appare quasi come il frutto di una sceneggiatura. Ruth Orkin, Jinx at AMEX, Florence, 1951 I Ruth Orkin Photo ArchiveChe si tratti di ritratti o di paesaggi, d’altra parte, le foto di Ruth Orkin sono racconti in cui luoghi e persone si specchiano gli uni negli altri. Possiamo osservarlo nella gustosissima sequenza di Jimmy the Storyteller (1947), dedicata al mondo dell’infanzia, ma anche in un originale progetto della maturità come A World Outside My Window (1978), una serie scattata dall’alto che cattura, con occhio grafico e notevole freschezza, la vita che scorre sotto le finestre di casa.  Infine anche il cinema troverà spazio nella carriera di Ruth: il lungometraggio indipendente Little Fugitive (1953), girato insieme al marito Morris Engel, sarà premiato a Venezia con il Leone d’Argento.Ruth Orkin. Leggenda della fotografia sarà visitabile presso i Musei Civici di Bassano del Grappa dal 18 dicembre 2021 al 2 maggio 2022. Ruth Orkin, Orson Welles at the Count Bestegui Ball, Venice, Italy, 1951 I Ruth Orkin Photo ArchiveLeggi anche:• La rinascita di Ebe: Canova in mostra ai Musei Civici di Bassano]]></description>
<pubDate>Thu, 16 Dec 2021 19:04:36 +0100</pubDate>
<category>Arte</category>
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<title>Come nasce un affresco. Ai Musei Capitolini un viaggio multimediale nel XVI secolo</title>
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<description><![CDATA[<div><img src="http://www.arte.it/foto/1280x800/f2/124477-Tommaso_Laureti_-_Justice_of_Brutus_-_Google_Art_Project.jpg" /></div>Era il 1587 quando il pittore siciliano Tommaso Laureti, talentuoso allievo di Sebastiano del Piombo, intraprendeva un’opera monumentale: affrescare la Sala dei Capitani del Palazzo dei Conservatori, sede della magistratura preposta all’amministrazione dell’Urbe. Ispirandosi a Raffaello, Michelangelo e Giulio Romano, sul colle del Campidoglio Laureti riportò in vita le storie di Roma antica narrate da Tito Livio, celebrando le virtù repubblicane in episodi come la Giustizia di Bruto, Muzio Scevola davanti a Porsenna, Orazio Coclite al Ponte Sublicio, la Battaglia del lago Regillo. Dopo un primo momento di meraviglia, opere vaste e complesse come questa ci spingono a riflettere su come fosse possibile realizzarle con i mezzi in uso nel Cinquecento, a chiederci quanta fatica e abilità siano state necessarie, quali fossero i metodi, gli strumenti e i trucchi del mestiere a disposizione degli artisti. Visea alla Sala dei Capitani I Courtesy Musei CapitoliniCon l’aiuto di una nuova applicazione multimediale, oggi uno degli ambienti più riccamente decorati dei Musei Capitolini è pronto a soddisfare ogni curiosità sulle sue origini in un piacevole viaggio attraverso il tempo. Grazie al progetto Visea, con semplici movimenti delle dita in modalità touchless (Air Push) i visitatori potranno navigare nelle scene dipinte sulle quattro pareti del salone, ricostruirne la storia e la sequenza di esecuzione, esplorare il lavoro svolto durante ogni giornata, scoprire come il disegno su carta veniva trasferito sull’intonaco, conoscere i segreti dei pittori e i loro ripensamenti.  Visea alla Sala dei Capitani, Musei Capitolini I Courtesy ViseaNel progetto ideato dal team CBC Conservazione Beni Culturali - Nergal Consulting - Xtrust e promosso da Roma Culture - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali in collaborazione con i Musei Capitolini e Zètema Progetto Cultura, un’applicazione avanzata basata su natural user interface si affianca alle animazioni dinamiche, arricchendo l’esperienza con approfondimenti sulle tecniche pittoriche, sui personaggi rappresentati e su come nel tempo la sala, già nota come Salotto degli Imperatori, si sia arricchita di monumenti, statue e iscrizioni. Disponibile in italiano e in inglese, Visea è il prototipo di un nuovo tipo di fruizione che, spiegano dai Musei Capitolini, affianca ai vantaggi delle esperienze multimediali e della realtà aumentata la possibilità di viverle in totale sicurezza. Visea: affresco della Giustizia di Bruto nella Sala dei Capitani, Musei Capitolini I Courtesy Visea]]></description>
<pubDate>Thu, 16 Dec 2021 16:24:27 +0100</pubDate>
<category>Arte</category>
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<title>Balla brilla alla GAM di Milano. Intervista a Paola Zatti</title>
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<description><![CDATA[<div><img src="http://www.arte.it/foto/1280x800/d3/124401-Paola_Zatti.jpg" /></div>Può una sola opera raccontare la grandezza di un artista? È la scommessa della GAM - Galleria d’Arte Moderna di Milano, che festeggia i 150 anni dalla nascita di Giacomo Balla con una mostra dossier dedicata al dipinto Bambina x balcone (1912). Tra i capolavori assoluti dell’autore, la tela segna il passaggio dal divisionismo alle ricerche sul movimento che impegneranno Balla durante la sua fase artistica più nota, quella futurista. Con la sbarre della ringhiera a dettare il ritmo della corsa, rapide pennellate descrivono l’abito azzurro, la treccia e e gli stivaletti di Luce, la figlia del pittore, mentre si sposta balzando lungo il terrazzo dell’appartamento di famiglia ai Parioli. Grazie alla ripetizione dell’immagine, i movimenti della piccola si scompongono in una sequenza di istanti che coesistono nello spazio simultaneo del dipinto. Fascino d’avanguardia, sperimentazioni tecniche e una storia tutta da raccontare si intrecciano in un quadro come Bambina x balcone, punto di partenza privilegiato per un viaggio ricco di curiosità e scoperte inattese. Da oggi 15 dicembre fino al 13 marzo 2022, nella suggestiva Sala del Parnaso della Villa Reale il quadro dialogherà con preziosi disegni mai visti in mostra, fotografie e opere pittoriche utili a ricostruirne le vicende in un periodo denso di novità per l’arte italiana ed europea. "Balla. Bambina x balcone", Allestimento alla GAM di MilanoNe parliamo con Paola Zatti, conservatore responsabile presso la Galleria d’Arte Moderna. “In occasione dei 150 anni dalla nascita di Balla, abbiamo deciso di misurarci con un modo di fare divulgazione diverso dal solito e dimostrare che con un solo capolavoro è possibile raccontare un’epoca”, spiega la curatrice. “Tra le diverse opere dell’artista presenti alla GAM, la Bambina che corre sul balcone o Bambina x balcone - un titolo decisamente futurista! - ci è parsa quella più adatta a ricostruire una parte molto significativa della vicenda di Balla e del suo tempo. Mi piace pensare che questa mostra sia un piccolo regalo del museo per Milano, in questo Natale ancora un po’ strano”.   Quali strade hanno portato questo quadro alla GAM?“Il dipinto è arrivato alla GAM insieme a uno straordinario nucleo di opere grazie alla donazione di Nedda Mieli Grassi, vedova di un importantissimo collezionista del primo Novecento. Carlo Grassi acquisisce la Bambina x balcone nel ’47 direttamente da Balla. Questo acquisto dice molto sull’abilità del collezionista, che non si limita a comprare il quadro, ma intuisce l’importanza di alcuni studi propedeutici alla sua realizzazione, e li acquisisce. È questa la vera novità della mostra: tre disegni rarissimi e inediti di Balla intorno al tema del movimento, che è poi il fulcro del dipinto”. Giacomo Balla, "Bambina x balcone", 1912, Olio su tela, Milano, Galleria d’Arte Moderna, Collezione Grassi | © Comune di Milano - tutti i diritti riservati   Galleria d’Arte Moderna, Milano | Foto: Aleph, ComoChe cosa raccontano ai visitatori gli studi preparatori di Bambina x balcone?“Accanto al quadro, i disegni documentano gli studi che Balla conduce sul movimento delle gambe, sull’alternanza del piede che si alza e che si abbassa, sul ginocchio che si piega e che si distende. Sono disegni piuttosto geometrici, quasi astratti, grazie ai quali comprendiamo l’intero processo alla base di un’opera veramente molto particolare e le ricerche che l’artista stava conducendo in quel periodo. Nello stesso anno Balla dipingerà infatti altri due capolavori fondamentali nel suo percorso verso il futurismo: il Dinamismo di un cane al guinzaglio, oggi conservato alla Albright-Knox Art Gallery di Buffalo, e la Mano del violinista della Estorick Collection di Londra”. Nonostante sia un dipinto molto noto, in questa mostra Bambina x balcone svela un piccolo segreto…“Il quadro è dipinto fronte-retro. Sul retro rappresenta un grande albero senza foglie realizzato tra il ’96 e il ’97. La tela, che oggi vediamo capovolta, può essere divisa in due aree: nella parte superiore è un’opera tardo divisionista a tutti gli effetti, che può richiamare alla mente la pittura di Segantini; nella parte inferiore, dove osserviamo lo sviluppo dei rami, la stesura dei colori rivela che Balla era già in una fase di cambiamento”. Giacomo Balla, "Bambina x balcone (studio per il dipinto)", 1912, Inchiostro su carta, Milano, Galleria d’Arte Moderna, Collezione Grassi | © Comune di Milano - tutti i diritti riservati - Galleria d’Arte Moderna, Milano | Foto: Solange SouzaCome avviene il passaggio di Balla dal divisionismo al futurismo?“Questo dipinto racconta un’altra cosa importante: il rapporto di Balla con il Futurismo non fu immediato. Per esempio l’artista non viene incluso nella grande rassegna futurista del 1912 alla galleria Bernheim-Jeune di Parigi. Un anno dopo, in una lettera a Gino Severini, Umberto Boccioni segnala un artista interessante, che ha cominciato a sperimentare con i dipinti di movimento: in parte sono ancora veristi, ma sono incredibilmente avanzati e molto diversi da quelli di pochi anni prima. è un autore che ha viaggiato e ha visto molto, e condivide le nostre idee in tutto e per tutto, scrive Boccioni. Ma dice anche: è ancora troppo fotografico. E qui si apre un altro capitolo che abbiamo voluto raccontare nella mostra”. Quanto influisce la passione di Balla per la fotografia nella genesi di questo quadro? “Nel realizzare la Bambina per balcone Balla aveva guardato direttamente agli esperimenti condotti in fotografia a proposito del movimento. A quei tempi in Italia circolavano le foto di Marey, pubblicate già nel 1887, di Muybridge, che in quegli anni era molto studiato dalle avanguardie, e naturalmente di Anton Giulio Bragaglia. Si tratta di immagini oggi molto difficili da ottenere, che siamo riusciti a inserire nel percorso della mostra grazie al contributo di un collezionista italiano. Le due preziose fotografie di Muybridge che esponiamo nella Sala del Parnaso consentono di osservare come la Bambina x balcone di ispiri proprio a queste riflessioni fotografiche su ritmo delle immagini e sulla resa del dinamismo attraverso una sequenza”. Giacomo Balla con Elisa e Luce sul terrazzo | Courtesy Galleria Russo, RomaQuali altre opere arricchiscono l’allestimento?“Una è di Armando Spadini, che dal ’19 fu vicino di casa dell’artista a Roma, in via Paisiello. Spadini rappresenta la casa di Balla ispirandosi all’interesse manifestato dai futuristi per le trasformazioni urbane: sulla sinistra, per esempio, vediamo un’impalcatura che ricorda opere come Officine a Porta Romana o la Città che sale di Boccioni. A questa tela abbiamo accostato una fotografia molto bella di Balla con la moglie e la figlia Luce proprio sul balcone raffigurato nel quadro.Infine abbiamo un’opera del ’65 di Mario Schifano, che studiò a lungo il futurismo e Balla in particolare. So che veniva spesso a guardare la Bambina x balcone in museo. Non è un caso quindi che abbia dedicato a questo quadro una corposa serie di immagini: noi ne abbiamo esposta una, in prestito dal Museo del Novecento, per evidenziare che l’avanguardia nasce sì con il futurismo, ma è un’esperienza talmente forte da segnare gli artisti fino agli anni Sessanta. Tra la mostra sul divisionismo in corso al piano terra e il focus su Balla che termina con Schifano, in questo momento la GAM restituisce in maniera completa di questa interessante catena”. Eadweard Muybridge, "Woman emptying bucket of water (Plate 403 da The Animal Locomotion)", 1887, Collotipo | Courtesy Collezione Dionisio Gavagnin, Treviso Leggi anche:• Il docufilm "BALLA. Il signore della luce" di ARTE.it alla Cineteca Milano• Balla. Bambina x balcone• Giacomo Balla a Milano: le opere della Banca d'Italia si svelano in una mostra]]></description>
<pubDate>Wed, 15 Dec 2021 15:36:27 +0100</pubDate>
<category>Arte</category>
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<title>Arte in movimento. Alla Collezione Peggy Guggenheim la GEN Z incontra il fotografo Matteo Marchi per parlare di Boccioni</title>
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<description><![CDATA[C’è un filo che lega Umberto Boccioni, due giovani studenti e un fotografo sportivo che ha fermato nei suoi scatti le grandi sfide dell’NBA. Ha il fascino magnetico del movimento, lo stesso che tracima da Dinamismo di un cavallo in corsa+case, la scultura in legno cartone e metallo custodita presso la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, con la quale il pittore futurista, nel 1915, ha imbrigliato per sempre la velocità nella semplicità di materiali facilmente deperibili. Il cavallo in primo piano, che galoppa così velocemente al punto da fondersi con il paesaggio circostante attraversato da una serie di case affastellate, suggerisce l’idea di una compenetrazione tra oggetto e ambiente, ottenuta mediante piani che si intersecano. La percezione visiva genera l’illusione di una fusione di forme: quando la distanza tra il cavallo in corsa e la casa è visivamente impercettibile, l’animale e l’edificio sembrano sommarsi in un’unica, mutevole immagine. Di fronte all’opera, Lorenzo, studente d’ingegneria, appassionato di musica e disegno, e Alice, amante dell'arte, all’ultimo anno del liceo linguistico, interpretano l’arte “come piace a loro”, interrogandosi su temi e linguaggi che ruotano intorno al capolavoro dell’artista calabrese. Umberto Boccioni, Dinamismo di un cavallo in corsa + case, 1915, Guazzo, olio, legno, cartone, rame e ferro dipinto, 115 x 112.9 cm, Venezia, Collezione Peggy Guggenheim | Courtesy Collezione Peggy Guggenheim, Venezia (Fondazione Solomon R. Guggenheim, New York)Queste due voci della Generazione Z guidano il quarto e ultimo episodio di Gen Z Art Storiez, una mini serie realizzata dalla Collezione Peggy Guggenheim in collaborazione con il team editoriale e creativo di ARTE.it, con il sostegno di Lavazza, Institutional Patron del museo dal 2016. La quarta clip dedicata al capolavoro di Umberto Boccioni sarà online da oggi, mercoledì 15 dicembre, sui canali social e sul sito di ARTE.it e del museo. “È stata un’esperienza nuova e ispirante che mi ha dato la possibilità di legare la passione per l’arte con un tipo di divulgazione nuova” commenta Lorenzo. E infatti questo nuovo tipo di divulgazione è l’obiettivo di “Gen Z Art Storiez”: co-progettare insieme a un team di ragazzi tra i 17 e i 24 anni una serie di quattro video che, attraverso alcune opere della Collezione Guggenheim, facciano emergere temi in sintonia con i loro interessi. Matteo Marchi | Courtesy Collezione Peggy GuggenheimA raccontare la genesi del progetto è la direttrice della Collezione Guggenheim, Karole P. B. Vail. “Lo scorso anno - spiega Vail - durante il lockdown il museo ha cominciato a riflettere su alcune attività destinate ai ragazzi tra i 17 e i 24 anni, con il desiderio di realizzare programmi pensati per e da loro che prevedessero anche la progettazione partecipata, per ascoltare le loro parole e renderli protagonisti attraverso la creazione di contenuti. Gen Z Art Storiez vede, fin dalle fasi iniziali della sua ideazione, la partecipazione attiva dei ragazzi di quella età, con i quali abbiamo avviato un dialogo reale e diretto che ci ha portato a creare insieme dei contenuti a loro destinati. Il nostro desiderio era, e rimane, quello di stabilire una conversazione con i giovani per realizzare iniziative e progettualità che ne interpretino la freschezza, ma che, con i loro interrogativi e riflessioni, possano anche raccontare l’arte come piace a loro”. E come piace a loro anche Lorenzo e Alice raccontano l’arte, affiancati dal fotografo sportivo Matteo Marchi, nei cui scatti spazio e soggetto si fondono, proprio come nell’opera di Boccioni. “Il movimento e la dinamicità sono sempre stati parte della mia vita - confessa Marchi. - Nelle fotografie voglio comunicare il movimento e le emozioni. Nell’opera di Boccioni il dinamismo è super rappresentato. Se l'artista nel 1915 pensava che il mondo andasse veloce, adesso va un milione di volte più veloce”. Matteo Marchi con il team di Gen Z Art Storiez | Courtesy Collezione Peggy GuggenheimPoi il confronto tra Matteo Marchi e i due giovani art lovers abbraccia anche il tema dell’effimero che distingue una fotografia da un’opera d’arte. “Una mia fotografia - commenta Marchi - la si vede su Instagram, dentro un hard disk, in un computer. Ma tra 15 anni dove sarà? La nostra è un’arte bellissima però molto immateriale. La mia è una fotografia del momento e momentanea”. Nel corso dei quattro approfondimenti, “Gen Z Art Storiez” ha visto protagonisti Alice C., Alice S., Enrico, Eugenia, Lorenzo, Marcello, Pietro, Sofia, affiancati ora dal musicista Lorenzo Senni, ora dai fotografi Piero Percoco e Matteo Marchi, accanto alla scrittrice e attivista Carlotta Vagnoli, che, insieme ai ragazzi, si sono rapportati con l’arte di Kandinsky, Magritte, Fini e Boccioni in uno scambio reciproco di idee e opinioni su tematiche attuali. I quattro video sono disponibili sul sito del museo e su tutte la piattaforme social.Gen Z Art Storiez | © Collezione Peggy Guggenheim e ARTE.it | Courtesy of Lavazza Leggi anche:• Alla Peggy Guggenheim la Generazione Z interpreta i grandi maestri dell'arte• Alla Peggy Guggenheim la Generazione Z a tu per tu con l'universo onirico di Magritte• Le donne e l'arte. Alla Collezione Peggy Guggenheim la Generazione Z interroga La Pastorella di Leonor Fini]]></description>
<pubDate>Wed, 15 Dec 2021 09:08:46 +0100</pubDate>
<category>Arte</category>
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<title>Conto alla rovescia per il nuovo KMSKA di Anversa. Ecco come sarà</title>
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<description><![CDATA[<div><img src="http://www.arte.it/foto/1280x800/96/124391-webimage-E7D01F91-C314-4303-8788F2755C3C2CA6.jpg" /></div>Ci sono voluti dieci anni per completare l’imponente progetto di ristrutturazione del KMSKA, il Museo Reale di Belle Arti di Anversa, che oggi annuncia finalmente di essere prossimo alla riapertura. Dal 25 settembre 2022 i capolavori di Rubens, Van Eyck, Van Dyck, Ensor, che danno lustro a una delle più prestigiose collezioni fiamminghe, troveranno un nuovo palcoscenico negli spazi rinnovati dagli architetti di studio KAAN di Rotterdam. L’intervento ha coinvolto ogni area del museo a partire dagli esterni, con il restauro della facciata e del tetto dotato schermatura solare, fino alla realizzazione di un nuovo mosaico all’ingresso e alla creazione di un giardino. Una sala del KMSKA - Museo Reale di Belle Arti di Anversa I Courtesy VisitFlandersQuattro cortili storici sono stati convertiti in spazi museali, incrementando la superficie espositiva del 40% e ricavando una nuova ala dalle linee inaspettate, dove domina il bianco e quasi 200 lucernari lasciano entrare la luce naturale per evidenziare le opere e la plasticità degli ambienti. Un’avveniristica scala in cemento levigato conduce a dieci gallerie realizzate ex novo: in contrasto con la perfetta simmetria dell’edificio storico, qui dominano altezze e volumi asimmetrici. Si rinnovano anche le stanze neoclassiche progettate sul finire dell’Ottocento da Jacob Winders e Frans Van Dijk: tornano a splendere i pavimenti antichi, le pareti si vestono di colori intensi, la Sala Rubens e Van Dyck si impreziosisce con cornici dorate che richiamano alla mente i fasti del Barocco. KMSKA - Museo Reale di Belle Arti di Anversa: la scala progettata da studio KAAN I Courtesy VisitFlandersTutto è pronto, insomma, per ospitare l’allestimento che dal prossimo settembre presenterà sotto una luce inedita la straordinaria collezione del KMSKA: tra 8400 pezzi (dipinti, sculture, lavori su carta, oggetti di arti decorative, molti dei quali restaurati durante il periodo di chiusura), i curatori ne hanno selezionati 650, che i visitatori scopriranno non più in ordine cronologico, divisi per stile o per artista, bensì secondo una varietà di prospettive tematiche dinamiche, pensate per stimolare l’interesse di ognuno.  KMSKA - Museo Reale di Belle Arti di Anversa I Courtesy VisitFlandersFamoso per conservare una delle più importanti raccolte al mondo di pittura dei Primitivi fiamminghi, il Museo Reale di Anversa spazia in realtà lungo sette secoli d’arte con opere datate dal XIV al XX secolo e un numero impressionante di capolavori. Limitandoci alla produzione locale, accanto a perle quattrocentesche come i dipinti di Hans Memling, Rogier van der Weyden, Jan Van Eyck, troviamo le meraviglie del Secolo d’Oro di Rubens e Van Dyck, ma anche l’arte moderna di James Ensor e René Magritte. E poi gioielli internazionali di Antonello da Messina, Simone Martini, Jean Fouquet, George Groszs, Amedeo Modigliani, per un viaggio nell’arte oltre il tempo. Il percorso di visita sarà scandito in due macro sezioni: nelle sale storiche il pubblico avrà modo di ammirare i lavori realizzati fino al 1880, mentre i nuovi spazi saranno dedicati al moderno, con l’opera di Ensor - della quale il KMSKA detiene la più importante collezione a livello mondiale - a fare da trait d’union tra le due parti. Una sala del KMSKA - Museo Reale di Belle Arti di Anversa I Courtesy VisitFlandersUnico museo delle Fiandre con Accademia annessa, il KMSKA non rinuncia al contemporaneo, presto protagonista con mostre e prestiti. Intanto ventidue artisti sono stati coinvolti in un progetto di residenza della durata di cinque anni: a contatto diretto con i capolavori della collezione, dimostreranno come gli antichi maestri siano ancora fonte di ispirazione per nuove opere di pittura, scultura, letteratura, musica e teatro. KMSKA - Museo Reale di Belle Arti di Anversa I Courtesy VisitFlandersVedi anche:• FOTO - Lo strano mondo di James Ensor• A passeggio per Anversa, tra musei, curiosità e atmosfere barocche• Da Rubens a Fabre. Tour tra le chiese di Anversa alla scoperta dell'arte di ieri e di oggi]]></description>
<pubDate>Tue, 14 Dec 2021 19:40:23 +0100</pubDate>
<category>Arte</category>
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